Balla coi lupi, recensione

990dcc2d17328617cdd4bbdd77b6d7e9 []1863 in piena guerra di secessione americana il tenente della cavalleria nordista John Dumbar (Kevin Costner) compie un atto eroico al limite del suicidio, e per questo gli viene concesso di raggiungere un isolato avamposto di frontiera insieme al suo cavallo Sisko, al suo arrivo Dumbar troverà solo cadaveri e alcune tribù di pellerossa che abitano la zona.

Dumbar deciderà comunque di restare, mentre il suo accompagnatore verrà ucciso da alcuni pellerossa Pawnee durante il viaggio di ritorno, questi ultimi renderanno alquanto movimentato il soggiorno del soldato cercando più volte di assalire l’avamposto per rubargli il cavallo nonchè armi e viveri.

Dumbar ben presto farà anche la conoscenza di alcuni Sioux, stringerà con loro amicizia grazie all’aiuto di una donna bianca che vive con loro, il soldato riuscirà lentamente ad integrarsi, tanto da partecipare ad una caccia al bisonte, sposarsi e meritarsi il nome indiano di Balla coi lupi, ma la guerra è vicina e presto sua moglie e i suoi nuovi amici saranno in grave pericolo.

Kevin Costner nella doppia veste di regista e protagonista ci racconta la frontiera americana dalla parte degli indiani e lo fa con un interpretazione sommessa ed efficace che ci racconta di un genere, il western, che ha ancora qualcosa da raccontare e che dopo l’exploit dei sette premi Oscar rastrellati da Costner, avrà una seconda giovinezza per poi, finita la nostalgica euforia commerciale, tornare materia da appassionati.

Il West di Costner è epico e a misura d’uomo, un uomo che si adatta alla natura, che non cerca di sovrastarla, ma la rispetta, lezione che il popolo pellerossa da al  protagonista donandogli pace e un nuovo equilibrio interiore, anche se ben presto la dura realtà della guerra e dell’invasione torneranno a ricordargli la sua vecchia vita.

Maestoso, intenso, commovente e senza la retorica revisionista e compiaciuta di prodotti analoghi, Balla coi lupi si guadagna un posto d’onore nel genere non sfigurando affatto in un inevitabile confronto con i grandi maestri di sempre.