Uomini e cobra, recensione

Arizona 1883, dopo una lucrosa rapina l’infido fuorilegge Paris Pitman Jr. (Kirk Douglas) nascosta la refurtiva se ne va a far baldoria, ma viene beccato e finisce dietro le sbarre. La vita in prigione per Pitman non è certo una passeggiata, ma una volta ambientatosi e stretto amicizia con gli alleati giusti, il galeotto riuscirà ad organizzare un’evasione proprio quando a dirigere il penitenziario arriverà un nuovo direttore, l’ex-sceriffo Woodward W. Lopeman (Henry Fonda) che come una sorta di Brubaker ante-litteram deciderà di abolire i lavori forzati, sostituendoli con un programma all’insegna del progressista con l’obiettivo di recuperare i detenuti.

Il decisamente più morbido Woodward arriverà come una manna dal cielo per Pitman,  che coglierà l’occasione di mettere in atto il suo piano d’evasione con tanto di rivolta e una volta guadagnata la libertà il suo unico scopo sarà quello di recuperare la preziosa refurtiva, ma sulle sue tracce ci sarà proprio Woodward, intenzionato a recuperare a tutti i costi il fuggitivo.

Western anni ’70 con un paio di protagonisti di calibro, supportati da caratteristi di caratura e uno script che sfoggia massicce dosi di ironia al vetriolo, con un finale a sorpresa per nulla scontato che rende l’operazione Uomini e cobra decisamente intrigante e a suo modo originale all’interno del genere. Il film vede alla regia l’eclettico Joseph L. Mankiewicz regista del kolossal Cleopatra e premiato quattro volte con l’Oscar, due delle quali per la miglior regia di Lettere a tre mogli ed Eva contro Eva.

Note di produzione: Uomini e Cobra che nel cast include anche Burgess Meredith, il vecchio allenatore Mickey della saga di Rocky, fu il penultimo film di Mankiewicz per il grande schermo che chiuse la sua carriera con Gli insospettabili del 1972, film di cui nel 2007 venne realizzato un remake, Sleuth – Gli insospettabili diretto da Kenneth Branagh ed interpretato da Michael Caine, già protagonista dell’originale e Jude Law.