Ronin, recensione

ronin1I Ronin del titolo sono mercenari moderni, reclutati attraverso varie modalità e tutti specialisti, che siano armi, automobili, sistemi di sicurezza, le loro peculiari abilità ne fanno elementi indispensabili per un’operazione che si svolgerà in Francia, obiettivo della missione recuperare una valigetta dal misterioso e preziosissimo contenuto.

Nella squadra Sam (Robert De Niro), ex-agente della CIA, silenzioso e diffidente come la vecchia scuola insegna. Dopo un briefing in cui si pianifica il recupero della valigetta, inizierà una complessa missione che prevede sparatorie, inseguimenti mazzafiato, tradimenti e svariati tentativi da parte di gruppi avversari di impossessarsi della preziosa valigetta, ma la cosa più curiosa è che sembra che nessuno sappia realmente cosa vi sia celato all’interno.

Il regista John Frankenheimer (Black Sunday, Il braccio violento della legge n.2), come il Sam di Robert De Niro, è uno che viene dalla vecchia scuola, uno che ama il cinema action muscolare e senza fronzoli e con un forte appeal realista, basta dare un’occhiata agli spericolati inseguimenti che durante le riprese hanno coinvolto fisicamente gli attori aiutandoli nella recitazione e nel coinvolgimento emotivo, non che ce ne fosse biosogno con un cast del genere, ma il film ne ha indubbiamente guadagnato.

De Niro si cala con particolare efficacia nel suo personaggio silenzioso, ricco di sfumature e di segreti, e viene abilmente contornato da un cast di professionisti che danno il loro meglio inscenando un pericoloso e intrigante gioco delle parti, condito con action e una trama da spy-story a cui le suggestive location francesi danno un surplus di fascino veramente notevole.

Ronin è un film che  riesce a miscelare con arguzia lo stile del cinema action anni ’70, cinema di cui Frankenheimer è maestro e portatore sano,  i generi e la spettacolarizzazione richiesta dal cinema odierno. Frenetico quando serve, recitato quanto basta, insomma un film solido e molto coinvolgente.