Nella morsa del ragno, recensione

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Il criminologo Alex Cross (Morgan Freeman) è alle prese con l’ennesimo folle, stavolta si tratta di un genialoide sequestratore in cerca di notorietà che fingendosi un’insegnante rapisce la giovane figlia di un senatore, mettendo in atto una partita a scacchi con l’abile Cross ancora turbato dalla morte di una sua collega durante un’operazione da lui condotta.

Il sequestratore folle in realtà usa la piccola figlia del senatore come diversivo, il suo obiettivo è un compagno di scuola della ragazzina, figlio di un importante prsonalità russa, così la piccola verrà usata come inconsapevole esca per attirare l’ingenuo ragazzino russo.

Alex accetta di aiutare l’agente dell’FBI responsabile della sicurezza della figlia del senatore, ormai in procinto di gettare la sua carriera alle ortiche visto il madornale scivolone, purtroppo dopo il pagamento del riscatto il rapitore viene ucciso non rivelando dove è prigioniero il piccolo ostaggio, così Cross dovrà utilizzare tutta la sua abilità per ricostruire i movimenti del rapitore e individuarne il covo.

Il regista Lee Tamahori dopo averci regalato il violento ed intenso Once Were Warriors-una volta erano guerrieri, si lascia attrarre da Hollywood e sbarca nella mecca del cinema in cerca del sogno americano, qui dopo un discreto esordio con il thriller Scomodi omicidi, sforna una serie di pellicole dall’alterna qualità non assestandosi mai oltre il discreto, pur avendo un talento inequivocabile e un’impronta visiva notevole.

Cosi arrivano i discreti 007-la morte puo attendere e L’urlo dell’odio e i mediocri XXX 2-The next levelNext e appunto lo scialbo Nella morsa del ragno, thriller tratto dal romanzo Ricorda Maggie Rose di James Patterson, autore de Il collezionista trasposto anche quest’ultimo sullo schermo nel 1997, sempre con Morgan Freeman nel ruolo del criminologo Alex Cross, personaggio protagonista di ben 16 romanzi.

Dopo un incipit che visivamente sfiora il ridicolo con un incidente realizzato in CGI a realismo zero e che ricorda sin troppo un videogame (una banalissima e realistica sequenza di stunt no?), ci troviamo di fronte ad un thriller senza nerbo, con un finale telefonato e un grande protagonista che salva il tutto in extremis dando un minimo di dignità ad un operazione decisamente poco riuscita, e che fa riampiangere il suo non brillantissimo, ma efficace predecessore, Il collezionista di Gary Fleder, che sfoggiava un’intensa Ashley Judd.