Il buio nell’anima, recensione

La speaker radiofonica Erica Bain (Jodie Foster) ha una vita decisamente appagante, un lavoro che adora e David (Naveen Andrews) un bel fidanzato che la ama e che vorrebbe sposare, ma il destino ha deciso altrimenti e una sera Erica e David  subiscono un’aggressione da tre balordi.

David avrà la peggio perchè i tre lo pesteranno a morte, mentre Erica riuscirà nonostante le violenze subite a restare in vita il tempo necessario per essere soccorsa e portata in ospedale.

Le ore successive saranno per lei una sorta di inferno in terra, mentre il corpo recupera in fretta, il trauma psicologico ha invece inferto danni devastanti che richiederebbero un supporto professionale.

Per Erica ormai la vita è diventata un continuo guardarsi alle spalle, un limbo in cui paura e inquietudine riempono la giornata minandone un quotidiano che sembra ormai un lontano ricordo della vita di qualcun altro.

Dopo aver acquistato illegalmente un’arma Erica lascia che la rabbia accumulata dopo il trauma venga a galla e la trasformi in un sorta di vigilante che comincia a giustiziare balordi in giro per la città, ma la sua opera di pulizia e la violenta elaborazione del suo dolore attireranno inevitabilmente l’attenzione di un detective.

Un’accoppiata intrigante quella che vede l’eclettico regista de La moglie del soldato Neil Jordan e la sempre più brava Jodie Foster cimentarsi nell’ardua impresa di dare spessore e uno sguardo autorale ad un filone, il revenge-movie, che negli anni ’70 e ’80 ha dato vita al discusso franchise de Il giustiziere della notte con il granitico Charles Bronson, ma ha anche contaminato a più livelli il cinema di genere figliando anche qualche piccolo cult come l’australiano Interceptor.

Jordan è un regista capace di notevole introspezione, ma anche di sorprendenti fughe nel genere fantastico che ne mostrano un’aspetto commerciale davvero intrigante, chi ha visto la fiaba dark In compagnia dei lupi piuttosto che Intervista con il vampiro sa a cosa ci riferiamo, ma in questo caso sembra che Jordan si trovi ad un bivio e che dimostri poco coraggio nell’affrontare il lato ambiguo e scomodo della faccenda, quello tanto per intenderci che la serie con Bronson affrontava a viso aperto.

Così il regista sceglie di accontentare un pò tutti, il critico che cerca i dubbi dell’anima a tutti i costi, ma anche lo spettatore che potrebbe ritrovarsi frustrato se alla fine i conti non tornassero, così ne vien fuori un film discreto che però manca l’affondo, ma con una intensa Jodie Foster che grazie alle mille sofferenti sfumature regalate al suo personaggio riesce comunque a nobilitare oltremodo l’intera operazione che si pone una spanna sopra gli eccessi protofemministi del pretenzioso Extrema-Al limite della vendetta di Talia Lugacy.

Note di produzione: nel cast compare nel ruolo del fidanzato della protagonista Naveen Andrews, il Sahid del serial Lost, La Foster aveva già interpretato una donna vittima di abusi nel dramma Sotto Accusa che nel 1988 gli valse un Premio Oscar come miglior attrice protagonista.