Con gli occhi dell’assassino, recensione in anteprima

Julia (Belén Rueda) e suo marito Isaac (Lluis Homar) si recano a casa della sorella gemella di lei guidati da un brutto presentimento avuto da Julia, che è convinta che a Sara sia accaduto qualcosa di terribile, presentimento che si rivelerà fondato perchè Julia troverà la sorella impiccata nella cantina.

Julia non si capacita di come la sorella abbia potuto togliersi la vita, affetta come lei da una malattia degenerativa agli occhi era stata appena operata e presto avrebbe riacquistato la vita, ma la polizia e lo stesso Isaac sono convinti che la sorella di Julia fosse depressa e il caso viene archiviato come suicidio.

Mentre Julia è intenzionata a trovare le prove che dimostrino che la sorella sia stata in realtà spinta da qualcuno all’insano gesto o addirittura sia stata assassinata, la sua vista va peggiorando e alcuni attacchi di cecità temporanea che prima la colpivano ad intervalli di tempo piuttosto lunghi, si fanno pericolosamente più frequenti e rivelano che presto Julia perderà la vista.

In attesa di un donatore Julia prosegue nella sua indagine personale seguendo alcune tracce come una misteriosa chiave trovata in casa della sorella che sembra estranea a tutte le serrature dell’abitazione, parla con un’anziana vicina anch’essa non vedente che negli ultimi mesi aveva dato una’aiuto a Sara nell’abituarsi al suo stato, farà anche la conoscenza di un altro vicino di casa piuttosto ambiguo che presenzierà ai funerali con la sua strana figlia, ma soprattutto avvertirà la presenza costante di qualcuno che la pedina e che sembra capace di volatilizzarsi con l’abilità di un fantasma, sarà forse il misterioso fidanzato della sorella che nessuno ha mai visto?

Con gli occhi dell’assassino è il secondo film del promettente cineasta spagnolo Guillem Morales realizzato sotto l’egida produttiva di uno dei padrini del cinema fantastico ispanico, il regista e produttore messicano Guillermo Del Toro che anche stavolta dopo l’exploit di Bayona e il suo intrigante The Orphanage centra l’obiettivo di mettere in luce un talento tecnico di altissimo profilo, anche se bisogna ammettere che il film di Morales pecca di prevedibiltà che in un thriller non è purtroppo cosa da poco.

Intendiamoci l’evoluzione della storia grazie ad una regia ricca di guizzi creativi è assolutamente coinvolgente come peraltro l’assunto narrativo di una metaforica invisibilità compulsiva vissuta come patologia, la protagonista Belén Rueda già bravissima in The Orphanage qui affina il registro drammatico del suo personaggio all’insegna dell’ansiogeno regalando non poca personalità alla pellicola, il resto però è una serie di accadimenti che hanno la pecca di arrivare con netto anticipo su ciò che sta per accadere su schermo, ma questo fortunatamente non intacca l’atmosfera complessiva della messinscena costruita inquadratura dopo inquadratura con una dovizia tecnica impressionante.

Tirando le somme gli spettatori più smaliziati e in cerca di emozioni forti rischieranno di sfoggiare inaspettate doti di preveggenza e restare delusi per il gore sciorinato con il contagocce, mentre per i meno avvezzi al genere la pellicola regalerà senza dubbio una buona dose di brividi.

Nelle sale a partire dal 13 maggio 2011

Note di produzione: questa è il secondo lungometraggio di Morales che arriva a sei anni dal thriller El habitante incierto che ha fatto guadagnare al regista una nomination ai Goya come miglior cineasta esordiente, senza contare gli oltre 30 premi internazionali rastrellati con il cortometraggio Back Door.