Codice Mercury, recensione

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La NSA (Angenzia per la Sicurezza Nazionale) utilizza un codice cifrato e teoricamente impossibile da decrittare per proteggere una lista che contiene tutti i nomi degli agenti che a livello internazionale operano sottocopertura, inutile dire l’importanza di queste informazioni e la massima affidabilità di cui deve godere sistema di sicurezza che le protegge.

Immaginate la sorpresa e lo sconcerto quando durante uno dei tanti test a campione, che il colonnello Nicholas Kudrow (Alec Baldwin) ha ordinato per saggiare l’inespugnabilità del codice, dimostra la vulnerabilità del progetto perchè qualcuno ha, senza alcuna fatica, decifrato il codice.

L’abile decrittatore in questione è nientemeno che un bambino autistico (Miko Hughes) che involontariamente diventerà il bersaglio di alcuni killer che dovranno impedire che un progetto che vale un colossale investimento governativo e la reputazione del colonnello Kudrow, che sul progetto in questione ha costruito un’intera carriera, naufraghino miseramente.

Dopo che i genitori del bambino vengono assassinati, e il bambino svanisce nel nulla toccherà all’agente dell’FBI Art Jeffries (Bruce Willis) indagare sul caso e una volta trovato il bambino, impedire che quest’ultimo venga eliminato.

Il regista Harold Becker con più di qualche esperienza con il genere, suo il pessimo Unico testimone con John Travolta, ma anche i discreti Malice-il sospetto e Seduzione pericolosa porta sullo schermo un romanzo di Ryne Douglas Pearson Simple Simon, e mette in scena una vera e propria fiera delle banalità con una serie di stereotipi da brivido che in un thriller diventano una sequela di irritanti  premesse non richieste. che rivelano allo spettatore non solo lo scontatissimo finale, ma fanno da preambolo ad ogni sequenza minando inesorabilmente ogni presupposto richiesto dal genere.

Il cast non è da meno, senza nerbo e scolastico Bruce Willis che ci ripropone una versione sciatta dei suoi eroi action, mentre Alec Baldwin villain da strapazzo si cimenta in una performance da museo delle cere, si salva solo il talentuoso Miko Hughes che per l’occasione, affiancato da uno psichiatra infantile, ha frequentato veri bambini affetti da autismo per meglio interpretare il suo persoanggio.

Codice Mercury resta uno dei thriller action meno riusciti di sempre, tutta l’operazione parte con il piede sbagliato e finisce peggio, insomma se amate il genere e non volete vederne il lato peggiore il film è sconsigliatissimo, mentre ai fan di Bruce Willis, per l’occasione vincitore di un Razzie Award come performance dell’anno dell’anno, consigliamo di godersi il buon Bruce in altre performance, perchè qui la desolazione regna sovrana.