Abduction, recensione

Nathan Harper (Taylor Lautner) è un adolescente come tanti che vive con i genitori, Kevin (Jason Isaacs) e Mara (Maria Bello) e frequenta lo studio di una psicologa, la dottoressa Geraldine Bennett (Sigourney Weaver) a cui racconta sempre più spesso di un incubo ricorrente che da qualche anno lo tormenta e che lo vede in compagnia di una donna sconosciuta che viene aggredita davanti ai suoi occhi. La strana e onnipresente sensazione che prova Nathan di vivere la vita di qualcun altro si amplificherà e prenderà consistenza quando, facendo delle ricerche per una tesina di sociologia con la sua compagna di classe e vicina Karen Murphy (Lily Collins),  Nathan si imbatterà in un sito di bambini scomparsi dove troverà la foto di un ragazzino di nome Steven Price che gli somiglia troppo perchè si tratti di una mera coincidenza.

Messa di fronte all’evidenza Mara confesserà a Nathan di non essere sua madre, ma non riuscirà a dargli ulteriori spiegazioni perchè Nathan, che ha contattato il sito dove ha visto la sua foto, vedrà quelli che pensava fossero i suoi genitori freddati davanti ai suoi occhi da due uomini che tenteranno di rapirlo e di uccidere Karen. A Nathan non resterà che darsi alla fuga con la sua amica, scoprendo ben presto di non potersi fidare di nessuno…o quasi.

Pellicola discretamente confezionata e senza troppe pretese questo Abduction, con il regista John Singleton che fa del suo meglio per costruire un minimo di intreccio attorno ad un Taylor Lautner particolarmente inespressivo, uno dei teen-idol figliati dalla saga di Twilight insieme a Kristen Stewart e Robert Pattinson e quello che del terzetto risulta il meno dotato, anche se supportato in questo caso da un cast di comprimari di gran lusso che cercano di tamponarne le sin troppo evidenti lacune.

Premesso ciò Singleton è un regista capace e in questo caso un discreto mestierante, se poi pensiamo ai  veterani che compongono il cast e fanno squadra affinchè Lautner e gli spettatori ne escano indenni, alla fine ci troviamo di fronte ad una pellicola piuttosto innocua concepita per intrattenere un target di pubblico ben preciso, come purtroppo se ne vedono sin troppe di questi tempi, certo che se vogliamo punire i produttori che hanno scelto l’impreparato Lautner come protagonista, contando su una vasta platea di potenziali spettatrici allora saremmo tentati di unirci alle numerose stroncature a cui il film è andato incontro, ma se invece evitiamo, come sarebbe più giusto, di trasformare Lautner in un nuovo Pattinson da abbattere ad ogni costo e proviamo a giudicare la pellicola nel suo complesso, non possiamo non tener conto di una discreta confezione e dell’ottimo cast a supporto, elementi che se pur sbilanciati in negativo da uno script debole, danno alla pellicola un minimo sindacale di appeal, naturalmente solo ed esclusivamente all’insegna dell’intrattenimento tout-court.

Note di produzione: nel cast figurano anche Michael Nyqvist, Alfred Molina e Dermot Mulroney. Lo sceneggiatore Shawn Christensen è anche voce e chitarra della rock band statunitense Stellastarr.