Quarantine 2: Terminal, recensione in anteprima

Mentre in un condominio di Los Angeles si cerca di contenere un pericoloso virus, a bordo di un volo per Nashville due hostess, Jenny (Mercedes Masohn) e Paula (Bre Blair) si trovano alle prese subito dopo il decollo con un passeggero che mostra strani sintomi che sfoceranno in un virulento attacco di quella che sembra una violenta forma di rabbia umana, attacco che trasformerà il passeggero in questione in un famelico veicolo di contagio.

Una volta messo in sicurezza il passeggero fuori controllo, che verrà rinchiuso in una toilette, da terra verrà chiesto ai piloti di eseguire un atterraggio di emergenza, una volta a terra il virus comincerà a propogarsi tra i passeggeri e quelli non ancora infetti, grazie al provvidenziale aiuto di un addetto al terminal, troveranno rifugio nella zona smistamento bagagli dove scopriranno ben presto di essere stati sottoposti ad una rigida quarantena, durante la quale chiunque tra di loro potrebbe trasformarsi senza alcun preavviso in un mostro assetato di sangue.

Quarantine 2: Terminal è il sequel ufficiale del mediocre istant-remake del 2008 Quarantena, che all’epoca della sua uscita si limitò a fare una sorta di sbiadita e fiacca fotocopia d’oltreoceano del cult spagnolo Rec, all’epoca l’operazione sembrò alquanto inutile e palesemente furba, stavolta però si abbandona l’inflazionato e sopravvalutato formato mockumentary, che riesce misteriosamente ad affollare le sale facendo incassare milioni di dollari a un’impressionante serie di mediocri filmetti fatti in casa, girati con due lire per la gioia dei produttori che quadruplicano gli incassi investendo cifre irrisorie, insomma una vera e propria gallina dalla uova d’oro alla stregua del famigerato 3D convertito.

Il regista esordiente John Pogue in questo caso ci risparmia il formato reality e confeziona un discreto ed onesto thriller-horror anche se palesemente concepito per una fruizione casalinga, che si allontana con decisione dalla digressione filo-demoniaca del primo capitolo americano e del secondo Rec e con qualche sorprendente e inaspettato guizzo si lascia guardare fino ai titoli di coda sfruttando con efficacia le tipiche dinamiche del gruppo assediato, con una location alla Die Hard 2, make-up di discreta fattura e il filone-zombie virato alla 28 giorni dopo con tanto di contagiati centometristi, un prodotto che nonostante i suoi evidenti limiti non ha nulla da invidiare a tanta spazzatura che durante quest’anno abbiamo visto transitare nelle nostre sale.

Note di produzione: l’attrice protagonista, l’australiana Bre Blair ha un ricchissimo curriculum televisivo con apparizioni in serial di grande successo come Castle, Grey’s Anatomy e CSI: Las Vegas. Il regista John Pogue al suo primo lungometragggio per il grande schermo è stato produttore esecutivo del primo Fast and Furious e ha realizzato script per il remake di Rollerball, il direct-to-video U.S. Marshals-Caccia senza tregua e l’horror Nave fantasma.