Léon, recensione

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Léon (Jean Reno) è il killer perfetto, completamente immerso nel suo lavoro vive per uccidere e uccide per vivere, nulla turba il suo quotidiano fatto di piccoli gesti che gli consentono di avere un legame con la realtà, nessun contatto esterno, nessuna confidenza, e soprattutto nessun legame emotivo.

Léon lavora su commissione, suo unico contatto con i vari clienti il vecchio amico e mentore Tony (Danny Aiello), quest’ultimo è molto protettivo verso Leon che conosce da ragazzino e a cui ha insegnato a fare le pulizie, termine con cui entrambi descrivono il mestiere di killer prezzolato.

La vita di Léon è tutta puntata alla forma fisica, alle sue armi sempre pronte ed  efficienti perchè nei momenti più caotici potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte, e ad una pianta che Leon accudisce quasi meccanicamente, l’unico essere vivente oltre a Tony, con cui Leon ha un legame.

La vita conunque non lascia scampo quando decide che è il momento di cambiare, il momento di fare qualcosa che dia ad una vita fatta di cadaveri e omicidi su commissione un senso, e questo nuovo percorso avrà l’energia e il viso malinconico di Mathilda (Natlie Portman), una ragazzina scampata al massacro della sua famiglia avvenuto per mano di una banda di poliziotti corrotti, capeggiati dall’agente DEA Stanfield (Gary Oldman), tossico, psicopatico, e decisamente senza scrupoli.

Mathilda verrà salvata da Léon, ne diventerà amica e pupilla, sino a che la piccola  e scomoda testimone, in cerca di vendetta per il fratellino ucciso, non commetterà un errore, e toccherà a Léon sistemare una volta per tutte la questione.

Il killer prezzolato è un personaggio cinematografico ricco di fascino e dotato di un notevole carisma, il Léon di Jean Reno è un moderno ninja, spietato, freddo e professionale sul lavoro, ma anche timido, schivo e quasi infantile nel privato e nei rapporti con il prossimo.

Luc Besson fa centro miscelando nello script un’inconfondibile connotazione da Vecchio Continente, un tocco europeo che si percepisce in ogni sequenza e nell’accorta e puntuale caratterizzazione dei personaggi, aggiungendovi  il suo stile molto americano nel percepire visivmente le dinamiche action, insomma un ibrido che colpisce gli occhi, ma soprattutto il cuore.

Grandioso Jean Reno, intensa e soprendente l’allora esordiente Natalie Portman, e Gary Oldman tratteggia un intrigante e folle villain sempre sull’orlo di una crisi di nervi, Léon è un cult davvero imperdibile e non solo per gli amanti dell’action.