Harry Potter e i doni della morte parte I, recensione

Dopo la morte di Silente (Michael Gambon), Alastor Moody (Brendan Gleeson) alla guida delle ultime frange dell’Ordine della Fenice, tra cui troviamo Hermione (Emma Watson), Ron (Rupert Grint), Hagrid e i gemelli Weasley, stabilisce che la priorità è diventata portare in un luogo sicuro Harry affinchè i Mangiamorte di Voldemort non riescano a trovarlo.

Purtroppo il piano di fuga a base di pozione polisucco fallisce a causa di un traditore che si cela proprio tra gli alleati di Harry, spia che causa un attacco in  massa dei Mangiamorte proprio mentre Harry sta raggiungendo con Hagrid un luogo sicuro, un attacco che vedrà Harry scampare ad uno scontro con Voldemort e il gruppo subire molte perdite oltre al ferimento di uno dei gemelli.

Harry ormai al sicuro vorrebbe abbandonare nottetempo i suoi amici, consapevole che non resisterebbero ad un altro attacco, ma l’imminente matrimonio di Bill e Fleur e un convincente discorso di Ron, danno ad Harry valide motivazioni per restare, ma proprio durante i festeggiamenti l’ennesimo attacco al gruppo, giunto subito dopo la notizia della morte del ministro della magia, costringono Harry, Ron ed Hermione ad un’ennesima e repentina fuga.

Prima di passare a miglior vita il Ministro della magia aveva notificato ad Harry le ultime volontà di Silente, il quale aveva lasciato ad Harry il boccino della sua prima partita di Quidditch, ad Hermione un libro di fiabe per bambini e a Ron un aggeggio magico inventato dallo stesso Silente capace di assorbire energia da fonti luninose.

Inizierà così per il trio di ex-studenti di Hogwarts la ricerca dei restanti Horcrux, unica possibilità di distruggere l’essenza malvagia di Voldermort e per quest’ultimo la caccia ad uno dei Doni della morte, una bacchetta abbastanza potente da poter contrastare il prescelto in uno scontro finale all’ultimo incantesimo.

Ecco finalmente nelle sale l’atteso epilogo della saga di Harry Potter con il settimo e penultimo capitolo Harry Potter e i doni della morte parte I che come da copione e relativa controparte cartacea abbandona definitivamente le atmosfere fiabesche, per abbracciare un ultimo cupissimo doppio capitolo finale che si rivela a tutti gli effetti il più adulto in contenuti ed atmosfere dell’intera saga.

Il film dalla corposa durata, si superano abbondantemente le due ore, possiede molti dei difetti del precedente episodio, in parte dovuti alla regia di David Yates che se  tranquillizza i produttori perchè priva di personalità, non accontenta chi cerca un minimo di vigore nella missinscena, amplificando se possibile una ridondante  dilatazione dei tempi che trasforma questo penultimo capitolo in un lunghissimo primo tempo che non manca di tempi morti e notevoli forzature nei dialoghi, che vedono le dinamiche del terzetto di protagonisti infarcite di ingenuità intente ad ammorbidire i contenuti per il pubblico dei più piccini che però spesso stridono con la cupa messinscena.

Premesso che rispetto al capitolo precedente il salto di qualità è palese, ci troviamo ancora una volta di fronte ad un ennesimo capitolo interlocutorio, il secondo di fila,  figlio di una scelta tutta commerciale di spremere il franchise oltre il consentito, diciamo che sia I Doni della Morte Parte I che Il Principe Mezzosangue avrebbero potuto benissimo diventare un’unica pellicola evitando così una serie imbarazzante di tempi morti.

Inutile dire che Yates non dona certo personalità e dinamismo a questo settimo capitolo, ma essendo un regista televisivo non si poteva certo pretendere di più, come dimostrano ancora una volta un sin troppo esplosivo incipit e un proseguo in calando con alcune sequenze come quella con Nagini palesemente concepita per la mancata conversione in 3D che risulta troppo compressa e quella decisamente confusa dell’inseguimento nella foresta, tutte prove a confutazione della poca dimistichezza del regista con la parte prettamente action della narrazione.

Harry Potter e i doni della morte parte I sicuramente accontenterà parte della platea, quella dei fan e dei lettori, ma per chi come noi ha seguito l’evolversi della saga dal punto di vista esclusivamente cinematografico non fa che mostrare ancor più palesemente l’inizio di una sin troppo annunciata fine, che se pianificata commercialmente con tutti i crismi, sul piano della messinscena mostra inesorabili segni di stanchezza, ma visto che siamo solo a metà dell’opera, diamo il beneficio del dubbio all’intera operazione e confidiamo speranzosi che Yates nell’ultimo capitolo abbia creato i presupposti per un finale degno di questo nome, magari pensando un tantinello anche alla platea di amanti del buon cinema fantasy.