Recensione: Kung Fu Panda

Che spettacolo! Ieri sera, vedendo Kung Fu Panda, mi sono divertito veramente tanto, e la sala era tutta d’accordo con me. L’ultima creazione Dreamworks risolleva nettamente il livello, dopo un lieve calo con Shrek 3, basato quasi esclusivamente sulle citazioni.

Eh si, perchè il fatto che le citazioni ci siano va bene, ma bisogna vedere come le si usa. Per questo la prima cosa che mi ha colpito è stata che non mi sono venuti in mente, mentre guardavo Kung Fu Panda, tutti i film a cui eventualmente “punta”, tutt’altro.

La citazione del film è riferita più che altro a un’atmosfera, a un background, a qualcosa di decisamente più globale. Così si apre un’antica Cina resa magistralmente spaziosa nel clima cartoonesco creato dai maghi della DreamWorks.


Po è il protagonista, e tanto per cominciare è un panda. Di panda ormai, ahimè, ne esistono pochissimi esemplari al mondo; sono degli orsoni meravigliosi che ho avuto la fortuna di vedere a Hong Kong, in una riserva. La cosa buffa è che, nonostante la voglia di abbracciare e stringere le testone di questi orsoni, la indicazioni dicono di non farlo, perchè costoro possono diventare pericolosi.

Nella più semplice delle modalità di vita, pare infatti che essi vogliano semplicemente ingurgitare cibo per ore e ore al giorno, ed in seconda istanza essere lasciati in pace. Non male, eh? Il goffo Po è un esponente degno della propria specie: goffo, grosso, e amante della cucina.

Tanto è che lavora in un ristorante cinese. Ma non è quello il suo destino. La storia prende presto un respiro che si avvicina alla saga di Guerre Stellari. Esiste un luogo da salvare, la Valle della Pace, esiste una forza oscura, quella abbracciata da Tai Lung, il leopardo delle nevi, esiste un maestro in grado di tirare fuori dal nostro protagonista le sue doti di Prescelto.

La trama scorre particolarmente bene. Sono rimasto concentrato a guardare il film e non mi sono perso un istante della vicenda, e il tempo è passato velocissimamente. L’amalgama creato dalla storia rappresenta un viaggio interessante il cui ritmo non rallenta mai, ora grazie all’umorismo, ora grazie agli espedienti visivi.

In merito a questi ultimi, non starò a ripetere un’ennesima nota sul confronto tra i prodotti della DreamWorks e quelli della Pixar. Non può infatti destare grande interesse dire che sotto l’aspetto visivo i prodotti della Pixar sono tecnicamente migliori: è evidente che la DreamWorks sta puntando su un altro genere di sfida, e secondo me sta andando nella direzione giusta.

I valori trasmessi sono importanti e facilmente coglibili, sia da parte di un pubblico adulto, che ne carpisce l’astrazione al primo colpo, sia dai ragazzi, che rimangono affascinati dagli spunti riflessivi che il film offre e che si identificano nel senso di inadeguatezza che a volte li coglie.

La ricerca del meglio di noi stessi, delle nostre qualità laddove non vi sia un adeguamento perfetto e fondamentalmente innato a degli standard imposti dall’esterno è un qualcosa di facilmente comprensibile ma difficilmente interiorizzabile.

I personaggi sono spassosissimi, e a parte Po ci gustiamo Tigress, fortissima tigre alquanto scettica nelle capacità del pigro panda, la sensuale (ve lo giuro, guardare per credere) Vipera, e la buffissima Mantide, veloce e minuscola.

Il grande maestro Shifu è uno Yoda di primissima categoria, ed è anche colui che riesce a credere in Po fino in fondo, e che ci lascia l’insegnamento più importante: non bisogna mai demordere, mai.