Agora, recensione

la-locandina-italiana-di-agora-150260

Alessandria d’Egitto, 391 d.C., la citta è in tumulto, un gruppo  fondamentalista convertitosi al Cristianesimo, porta scompiglio tra la popolazione, capeggiato dal violento e ben poco cristiano Cirillo (Sami Samir), che manipola ed utilizza come un’arma le sacre scritture.

Lo scontro tra i proseliti di Cirillo e i cittadini di religione  ebraica miete quotidianamente vittime da entrambe le parti, al governo il Prefetto Oreste (Oscar Isaacs) che convertitosi al Cristianesimo cerca di controllare la situazione rendendosi ben presto conto di essere seduto su una polveriera pronta ad esplodere.

Lo scontro bagnerà di sangue le strade, mentre la brillante e determinata filosofa ed insegnante Ipazia (Rachel Weisz) cerca di rappresentare il libero pensiero scientifico e sviluppa una teoria alternativa al dominante pensiero Tolemaico. Le sue idee e il suo rifiuto ad una forzosa conversione, nonchè il suo rapporto con il Prefetto Oreste avranno un prezzo.

Finalmente dopo non pochi travagli arriva sugli schermi italiani Agora, l’ultimo lavoro del regista spagnolo Alejandro Amenabar, all’attivo l’intenso Mare dentro e il memorabile The others, che racconta una pagina buia dell’avvento del cristianesimo che causò faide e lotte intestine con spargimenti di sangue e vendette politiche.

La forza di Agora è nella semplificazione degli eventi, drammatizzati ad hoc e veicolati attraverso una storia d’amore che rimane sempre sullo sfondo, cosi da poter essere fruiti da un pubblico il più variegato possibile, senza tralasciare  l’eleganza di una messinscena che non tradisce l’impronta visiva di un regista, che qualunque sia il genere affrontato, è sempre un piacere ritrovare. Svetta su tutta l’operazione un’intensa e partecipe Rachel Weisz, la sua Ipazia convince sostenuta da un cast di comprimari sempre all’altezza della situazione.

Qualcuno potrebbe storcere il naso per un’eccessiva semplificazione storiografica, ma Amenabar punta a miscelare intrattenimento e contenuti. e grazie ad un linguaggio diretto ci riesce piuttosto bene.

Quello che si evince dalla pellicola a prescindere da Paganesimo, Cristianesimo e Filosofia è che il problema fondamentale non è certo di religione o credo, ma l’essere umano perennemente in conflitto ccon il suo lato oscuro e bestiale, sempre più difficile da controllare, ieri come oggi.