1948, in quel di Brescello, ridente pasesino di campagna romagnolo è in atto una piccola guerra tra il parroco don Camillo e il sindaco del paese il sanguigno Peppone.
I due battibeccano in continuazione per una questione di politica e di competenze, mentre il sindaco è un comunista di quelli duri e puri, che guarda di traverso la chiesa e tutti i suoi rappresentanti e simboli come l’idealizzata madre Russia gli ha insegnato, dall’altra parte l’agguerrito don Camillo difende con le unghie e con i denti il suo essere l’ultimo baluardo di difesa contro l’orda di senzadio capeggiata dal suo rivale che vorrebbe ridurlo al silenzio su ogni questione diciamo terrena.
Cosi ogni piccolo problema diventa l’ccasione per i due di lasciarsi in ripicche e dispetti, vedi il battesimo del figlio di Peppone, un movimentato sciopero di mezzadri, o l’amore contrastato di due giovani che vedono i genitori su opposte fazioni, figlio di comunisti lui, figlia di ricchi proprietari terrieri lei.
Brescello sta per essere gemellata con una cittadina dell’Unione Sovietica tra polemiche e festeggiamenti, Don Camillo (Fernandel) decide così di infiltrarsi nel comitato in trasferta nella cittadina russa spacciandosi per un irriducibile compagno anticlericale con tanto di documenti falsi, ricattando il recalcitrante sindaco Peppone (Gino Cervi), che per nascondere una scappatella accetta suo malgrado il clandestino.
I due nemici/amici più famosi di Brescello hanno intrapreso strade e carriere diverse, mentre Peppone (Gino Cervi) eletto senatore si appresta a militare nella politica d’alto bordo, Don Camillo (Fernandel) ha ricevuto una promozione diventando monsignore.
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