Recensione: K-19-the widowmaker

Nel 1961 dalle coste dell’Unione Sovietica parte il sottomarino nucleare K-19, siamo in piena guerra fredda e la rivalità fra le due nazioni è una continua corsa a chi sfoggia una maggiore potenza di fuoco, un braccio di ferro snervante e costante che rischia ad ogni nuovo incidente di scatenare una guerra mondiale.

Il K-19 vorrebbe essere l’ennesima dimostrazione di potenza e tecnologia della grande Russia e della sua flotta, il sottomarino si dirige verso una base NATO nell’oceano atlantico ma succede l’irreparabile, un incidente all’interno del reattore nuclerae con un’inarrestabile perdita radiottiva trasforma il sottomarino in una bomba nucleare ambulante, il sopraggiungere di una nave americana fa precipitare la situazione.

L’equipaggio del sottomarino eroicamente sacrificherà la propria vita  per evitare che l’incidente provochi un collasso diplomatico e lo scoppio di una guerra mondiale, questo film narra i fatti, gli uomini e anche l’omertà ed il segreto sull’incidente, tenuto nascosto dai sovietici fino al 1989 anno della caduta del muro di Berlino.

Kathryn Bigelow è una veterana ed esperta di action qui a confronto con una storia più claustrofobica, più contenuta, dove la spettacolarità delle emozioni sovrasta quella delle azioni, a tratti il film soffre di qualche caduta di ritmo, è un prezzo da pagare per girare film in cui la location è un angusto sottomarino, ma la regista sa come tener desta l’attenzione dello spettatore e tutto alla fine funziona al meglio.

Gran parte del merito va anche ad un formidabile cast che vede due protagonisti di gran classe come Harrison Ford e Liam Neeson, la retorica ogni tanto fa capolino, ma una sceneggiatura solida ed efficace ne smorza i toni lasciando spazio all’eroismo e alla grandezza di uomini ed emozioni.