Men In Black III, recensione in anteprima

La coppia più improbabile del grande schermo, formata da Jay (Will Smith) e Kappa (Tommy Lee Jones), torna a indossare il vestito nero dei Men In Black: in uscita dal 23 maggio, il film fa un salto indietro nel tempo per sbarcare alla fine degli anni ’60, tra pop art e missioni lunari; la firma è di Barry Sonnenfeld, già regista dei primi due episodi, mentre l’agente Kay da giovane è interpretato da Josh Brolin.

Men In Black III ha inizio con la fuga di Yaz (Jemaine Clement), un alieno carcerato su una prigione speciale costruita sulla Luna, che torna indietro nel tempo per aiutare il suo alter ego a evitare la prigione e riuscire a permettere alla sua specie di attaccare la Terra e conquistarla; per riuscire quindi a rivoltare il fallimento in successo, Yaz torna nel 1969 per uccidere l’agente Kappa, autore del suo arresto, cambiando il corso degli eventi della storia: nel 2012, Jay si risveglia in un mondo totalmente diverso, dove il suo collega è stato ucciso 40 anni prima e il pianeta sta per essere invaso. Dovrà tornare anche lui indietro nel tempo e tentare di riportare tutto a come ricorda.

La storia è scritta molto bene, con dialoghi e battute che possono essere gradite da grandi e piccoli (una in particolare riguarda la somiglianza di Will Smith al presidente Obama secondo una tenera bambina, ma non svelo altro…) grazie a Etan Cohen e lo zampino di Steven Spielberg nella veste di produttore esecutivo, mentre la regia di Sonnenfeld torna in auge dopo un secondo episodio non esattamente alle aspettative del primo della saga – se così si può definire.

Tornando al racconto del film, è spesso di uso e costume parlare di trama: il termine, utilizzato da sempre per rendere al meglio il concetto di intrecci ben tessuti tra loro in modo di fornire un racconto complesso e articolato -ma regolare e dalla struttura ordinata da poter essere visibilmente comprensibile-, può essere rappresentato perfettamente grazie a Men In Black III, che non è solo una sorta di prequel , ma addirittura un focus sui protagonisti che finora conoscevamo per sommi capi proprio come ci si aspetta da un titolo blockbuster; al contrario, la pellicola approfondisce su informazioni e soprattutto emozioni, in particolare per l’agente Kappa attraverso il quale si scopre un personaggio ironico e il motivo per cui sia diventato un anziano burbero ai limiti della tolleranza consentita.

Tra l’altro, l’accenno a un tema sociale storico come i diritti della comunità afroamericana evidenzia ancora una volta il livello di introspezione filmica: lo spettatore appassionato del 3D (per niente fastidioso e godibilissimo in questo caso) come il cinefilo più incallito troveranno soddisfazione nell’aver scelto questo titolo.

Note di Produzione: la pazzesca colonna sonora di Men In Black III è affidata a Danny Elfman, lo stesso autore che ha collaborato alle musiche dei primi due capitoli della saga, che ha esordito negli anni ’80 con Tim Burton con una colonna sonora come quella di Edward Mani di Forbice.