L’erede, recensione

L’agiato Bruno (Alessandro Roja), di professione radiologo alla morte del padre eminente neurologo eredita una villa nel marchigiano e con la sua compagna decide di farvi una capatina per controllare lo stato dell’immobile e nel caso pianificarne una ristrutturazione, onde aumentarne il valore nel momento in cui, cosa piuttosto probabile vista la location sperduta, decidesse di venderla. Bruno giunto sul posto scopre che in realtà la villa non versa in condizioni così drammatiche come si pensava, anzi sembra che qualcuno nel frattempo se ne sia preso cura.

Bruno scoprirà che tutti i piccoli lavori di manuntezione dell’edificio sono stati effettuati dalla confinante famiglia Santucci, composta dall’eccentrica signora Paola (Guia Jelo), che sembra conoscere molto bene il padre di Bruno, suo figlio Giovanni (Davide Lorino), una sorta di energumeno ben poco loquace e spesso soggetto ad attacchi di rabbia incotrollata di cui ne fa spesso le spese la  più giovane della famiglia, l’inquieta Angela (Tresy Taddei).

I rapporti tra Bruno e i Santucci all’inizio sono piuttosto cordiali, anche se Bruno percepisce che in quello strambo nucleo famigliare c’è qualcosa che non va, poi quando Paola supportata dal figlio accamperà diritti sulla casa ereditata, Bruno scoprirà la follia che si cela dietro le mura di casa Santucci, pagandone tutte le violente conseguenze del caso.

Dopo la piacevole sorpresa del suggestivo La misura del confine di Andrea Papini ecco un altro film che di low-budget fa decisamente virtù, riuscendo a sfruttare appieno bucoliche location di rara ed inquietante bellezza ed un cast in gran forma che scandisce con performance oltremodo partecipate una tensione creata ad arte dal regista esordiente Michael Zampino, piuttosto abile a confezionare un insolito e godibile thriller a sfondo famigliare, occhio all’intensa Guia Jelo e alla bravura di Alessandro Roja nel far dimenticare dopo solo qualche minuto di visione il suo Dandi del Romanzo Criminale televisivo, un ruolo fortemente caratterizzante da cui non era così semplice distaccarsi.

L’erede potrebbe sembrare a prima vista il consueto conflitto tra classi, ricchi contro poveri con tutto il carico di frustrazione che ne deriva, in realtà a noi le atmosfere malsane respirate in casa Santucci e le location isolate hanno ricordato tutto quel filone thriller-horror americano e anche francese, vedi il recente Calvaire, che prendendo spunto da classici come Un tranquillo week-end di paura, raccontano una lenta e inesorabile discesa nella follia, efficacemente amplificata dall’isolamento e da un certo microcosmo rurale ricco di rimandi a drammatiche pagine di cronaca nera, in questo caso quante tragedie hanno figliato faide per eredità e confini violati?

Note di produzione: il film oltre a fruire dei sostegni del governo ha ricevuto anche il supporto della Regione Marche-Marche Film Commission, il regista italo-francese è laureato in economia ed ha studiato cinema alla New York University.