D’Artagnan, recensione

musketeer []

17° secolo da un villaggio delle campagne francesi con cappa, spada e un gran voglia di menar le mani parte alla volta di parigi il giovane e prode D’Artagnan (Justin Chambers), che ha un sogno entrare nella schiere delle guardie del Re Luigi XIII, i moschettieri.

D’artagnan ha anche la ferma intenzione di vendicare la morte di sua madre avvenuta per mano del malvagio Febre (Tim Roth), spietato scagnozzo del Cardinale Richelieu (Stephen Rea), riuscirà nel suo intento, ma non senza aver speimentato il vero amore con la bella Francesca Bonacieux (Mena Suvari).

Il direttore della fotografia e regista Peter Hyams (Relic, Un alibi perfetto) dopo il successo de La maschera di ferro di Randall Wallace, cerca di dare un’ulteriore rispolverata al classico letterario e cinematografico I tre moschettieri con un’operazione alquano ardita che va ben oltre la rilettura di Stephen Herek e del suoi I tre moschettieri del 1993 con Charlie Sheen e Donald Sutherland.

Hyams ringiovanisce il racconto anche visivamente, perche ne dinamicizza gli scontri a fil di spada con acrobatiche sequenze made in Hong Kong che si divertono, ma lasciano anche un pò spiazzati.

Infatti dopo la scena della locanda ci vuole qualche minuto per riprendersi dalle atmosfere alla wuxiapian in stile La tigre e il dragone che bisogna dire stridono un tantinello considerando il background classico da cui provengono personaggi e racconto, ci vogliamo immaginare la faccia di Dumas mentre vede svolazzare i suoi moschettieri.

Parliamoci chiaro la confezione action di questo D’artagnan all’insegna del puro intrattenimento alla fine dei conti diverte, grazie anche ad un luciferino Tim Roth con il suo villain da manuale, ma bisogna fare attenzione nel non eccedere con le rivisitazioni selvagge non vorremmo ritrovarci con un D’Artagnan nello spazio o I tre moschettieri contro l’uomo lupo.

Detto ciò il film di Hyams si lascia piacevolmente guardare, non mancano azione, immersiva messinscena e rocambolesche avventure che sono il sale dell’opera originale, per il resto assolutamente sconsigliato ai puristi dell’opera letteraria o delle versioni classiche da grande schermo.