Recensione: Mimmo e il suo ultimo desiderio

Quest’oggi, nell’appuntamento settimanale dedicato ai corti, come vengono chiamati in gergo, il cui nome deriva appunto dalla lunghezza della pellicola, a sua volta definita nel linguaggio cinematografico appunto “metraggio”, ci occupiamo di Mimmo e il suo ultimo desiderio.

Pellicola drammatica, realizzata nel 2005 da Giacomo Mondadori, laureato in storia all’Università Statale di Milano, inizia la sua carriera da sceneggiatore e regista nel 1999, con il suo primo corto: L’uomo bianco, con Riccardo Cristiani e Lorenzo De Marini

Mimmo Domandi, saggio anziano 75enne, riabbraccia il figlio Marco tornato dall’Etiopia con l’indigena Sara, sua futura moglie, da cui aspetta una bambina. Tra padre e figlio c’è sempre stato un rapporto difficile, fatto di mille incomprensioni. L’occasione di un riavvicinamento tra i due però si guasta, per via dell’improvvisa partenza di Marco, che abbandona Sara al suo destino.

Ritrovatasi sola ed in condizioni disagiate, Mimmo, seppur anziano e molto malato, decide di porre rimedio ai “danni” del figlio, sposando Sara e dando così una casa ed un futuro al nipote in arrivo.

Una breve storia di soli 13 minuti, ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto, ed interpretata da Saba Anglana, Marco Mario De Notarsi e Alcide Pasquini.