Il mistero della pietra magica, recensione

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Nell’immaginaria cittadina di Black falls vive l’undicenne Toby Toe Thompson (Jimmy Bennett), Tutti gli abitanti della sua città vivono e lavorano in simbiosi con le Black Box industries, tentacolare società le cui redini sono nella mani del cinico capitano d’industria Mr. Black (James Spader)

La società in questione produce una mirabolante scatola multifunzione, la Black Box appunto, pronta a risolvere qualsiasi problema si ponga di fronte ai sempre piu pigri cittadini di Black falls. Toe dal canto suo è un ragazzino introverso, che ha non pochi problemi a relazionarsi con gli altri ragazzi, almeno fino a quando un bel giorno la magia di una misteriosa pietra entra nella sua vita.

La pietra in questione ha l’incredibile potere di realizzare qualsiasi desiderio, è chiaro che tutta una serie di malvagi personaggi adulti e non, cercheranno di metterci le mani sopra e la battaglia per la conquista della misteriosa pietra sconvolgerà la tranquillità della sin troppo sonnolenta Black falls.

Robert rodriguez è la dimostrazione che un’immaginazione fertile ha il potere di spaziare dagli incubi alle fiabe con incredibile nochalance, creando mondi  terrorizzanti popolati da famelici zombie e grotteschi vampiri, ma anche coloratissimi e ipertecnologiche dimensioni parallele a misura di ragazzino fatte di videogames, fumetti e gomma da masticare.

Il mistero della pietra magica diverte, restando però una spanna sotto l’iperbolico e citazionista mondo di Spy Kids, qui la fantasia è si più sfrenata, ma anche decisamente fuori controllo diventando così in più di un’occasione fruibile da un pubblico di soli bambini.

Il film è un’esplosione di divertimento e ingenuità allo stato puro, qui le citazioni cinefile e gli spassosi omaggi dei primi sue capitoli di Spy Kids lasciano il posto alla dimensione da videogame del terzo capitolo, ed è proprio a quello stile che Rodriguez ammicca, racchiudendo la sua fantasia all’interno di un formato videoludico che sembra concepito a priori  per una futura fruizione televisiva e multimediale, dimenticando per strada una certa epicità che il grande schermo richiede.