Recensione: Death Race

Il futuro è (anche) una prigione secondo la visione di molti autori di fantascienza. Oltre alle epidemie e alle varie tragedie nucleari, a volte troviamo un’ambientazione che rimanda alla realtà della detenzione e allo sconto della pena, che deve essere sempre più dura.

Stavolta il tema del carcere incontra quello delle corse in macchina, dando vita a un deueto connubio che riesce comunque, quanto meno, a incuriosire, dal momento in cui si posa lo sguardo sul trailer. Il rischio associato alla corsa in auto, arricchita magari da qualche violento spunto creativo, ben si associa a quello della vita in un futuro dall’odore “penitenziario”.

Ecco che il prison movie spinge il pedale dell’acceleratore per superare i limiti, in un film dove obiettivamente le regole nascono unicamente per essere infrante dai decibel “sparati” dallo stridio delle gomme e dagli scoppi dei proiettili.

Il futuro, dicevamo. I carcerati devono lottare, sotto la forma di competizioni che avvengono in un’arena automobilistica. Ci perde, però, non se ne va a casa pensando che la prossima gara andrà meglio. Le cose stanno un pò diversamente.

Chi perde, spesso, muore. Arriva quindi Jensen Ames (Jason Statham), un detenuto dalla sotria particolare. E’ un ex detenuto che vuole fare una vita tranquilla, che vuole stare nel backstage di un mondo in decadenza. Licenziato, ritira il suo ultimo stipendio.

E’ pronto a ricominciare, deciso comunque ad andare avanti. Ma le cose sono destinate ad andare in modo divero: viene infatti teso e narcotizzato, e si risveglia col coltello in mano e con al fianco la moglie mortalmente ferita.

Ancora confuso, viene spedito per direttissima a Terminal Island, dove dovrà assumere l’identità di un detenuto deceduto in un incidente per gareggiare, gareggiare, e gareggiare. Il resto è un rombo di motore ritmato dai botti degli scontri e dai sedicesimi scanditi dalle pallottole.

Si tratta indubitabilmente di un film d’azione, che, contrariamente alle scarsissime aspettative che nutrivo guardando il trailer, mi ha tenuto sveglio. Niente di nuovo sul fronte degli acton movie, solo un “ibrido” lievemente diverso dal solito, ma con elementi decisamente già visti.

A partire dalla quiete quasi raggiunta e strappata barbaramente via, la famiglia distrutta, per fare il salto in una voragine da cui si esce segnati ma non disintegrati, con un’ulteriore possibilità di ricominciare ad essere qualcosa di estremamente diverso.

Apprezzabilissime le citazioni da Anno 2000. La corsa della morte, con il mitico David Carradine di cui il regista è evidentemente un ammiratore e da cui ha tratto alcuni spunti per il tuning dell’atmosfera del film.

I personaggi, pur essendo dei cliche, e senza pretendere di essere motlo altro, sono comunque tratteggiati con una certa ironia; faccio particolarmente riferimento alla perfida direttrice, interpretata da Joan Allen, un vero vuoto per quello che riguarda i sentimenti, in grado di crudeltà para-umane.

Il resto è un mix di esplosioni, tamponamenti, affiancamenti, spari, e chi più ne ha, più ne metta. Un nuovo approccio ai film d’azione? Non direi proprio. Piuttosto, un altro film d’azione con ingredienti che piaccono anche ai nostalgici e che qualche scarica di adrenalina, onestamente, riesce a regalarcela.