Paranormal activity 2, recensione

Una famiglia americana, i coniugi Dan e Kristi, la di lui figlia adolescente Alli e il neonato Hunter tornano alla propria abitazione trovandola disastrata, a prima vista sembra l’atto inconsulto di alcuni vandali, tranne che per  il particolare che non è stato rubato nulla, tutti gli oggetti di valore sono al loro posto, tranne un gioielllo di famiglia appartenente a Kristi.

Assistiamo così ad un montaggio di immagini che ci mostrano i primi mesi di vita di Hunter, il fatto che Kristi sia la sorella di Katie protagonista dei terrificanti e misteriosi eventi che di li a un mese la porteranno ad uccidere il suo ragazzo Micah, l’allestimento di un sistema di video-sorveglianza a seguito dell’intrusione subita, sino ad arrivare ai primi segni premonitori che fanno intuire alla governante ispanica che nella casa dimorino entità maligne, ma il suo tentativo di scacciarle con alcuni riti causerà il suo allontanamento dalla casa.

Lentamente le attività notturne dell’entità si faranno sempre più evidenti, piccoli ma incisivi segni che mostreranno le attenzioni riservate al piccolo Hunter da quello che potrebbe essere un demone e infine dopo un’escalation di terrificanti incursioni dell’entità fracassona, la scelta di Dan che porterà ai tragici fatti che di li a un mese vedranno la sparizione di Katie e la morte di Micah, ma non solo…

Dopo il campione d’incassi Paranormal activity, piccolo e interessante esercizio di regia per l’esordiente Oren Peli, prodotto dignitoso se avesse fruito di una consona distribuzione direct-to-video invece dell’imbarazzante battage pubblicitario che ha accompagnato il suo transito nelle sale, arriva un più che prevedibile sequel che si rivela solo una desolante fotocopia del predecessore con in meno la mancanza di genuinità di un’operazione nata in tempi non sospetti al di fuori della macchina da soldi hollywoodiana, che stavolta ci propone una sequela di sfiancanti inquadrature fisse e manifestazioni paranormali che a parte il para, di sovrannaturale hanno solo la faccia tosta dei produttori.

Il regista Tod Philips (The door in the floor) deve aver fatto una fatica immane a inscenare questo ben poco efficace teatrino delle ombre, tra pentole possedute, mobilio animato e il protagonista dell’intera pellicola, un minaccioso e demoniaco pulisci-piscina che si aggira nottetempo terrorizzando la povera famiglia, insieme ad una malvagia macchinetta giocattolo e qualche porta sbattuta.

Lo script è dello sceneggiatore televisivo Michael R. Perry, all’attivo per lui script per i serial Millenium e Law & Order: SVU, dopo l’apparizione su schermo dei due protagonisti del primo film, Katie Featherston e Micah Sloat e la dicitura che ci avverte che quello a cui stiamo assistendo è un prequel, l’epilogo del film diventerà scontato anche se, negli istanti finali regista e sceneggiatore forse presi da un moto di compassione verso il povero spettatore pagante, cercano di indorare la pillola con un finale che oltre a peggiorare la situazione, minaccia anche un terzo capitolo.

Paranormal activity 2, come peraltro il ridicolo battage pubblicitario del primo episodio, punta  a prendere per i fondelli lo spettatore e invece di aver il coraggio di improntare un sequel con tutti i crismi di una pellicola horror tradizionale, anche rischiando qualcosa, vedi l’esempio di The Blair Witch Project, ripropone una minestra riscaldata ancor più insipida, davvero un bel coraggio dopo oltre 190 milioni di dollari intascati contro un budget investito di 15.000 dollari, questi ultimi soldi oltretutto usciti dalle tasche del regista Oren Peli.

Note di produzione: nel cast l’unico volto noto a parte i due protagonisti del primo film è Sprague Grayden, la Heather Lisinski del serial Jericho, il film doveva in origine essere diretto da Kevin Greutert che però ha rinunciato per occuparsi di Saw 3D.