Non dire gatto, cortometraggio di Giorgio Tirabassi

Oggi per lo spazio cortometraggi ripeschiamo Non dire gatto, divertente corto scritto e diretto dall’attore romano Giorgio Tirabassi, protagonista delle fortunate fiction Distretto di polizia e Paolo Borsellino, mentre di recente l’abbiamo visto su grande schermo ne La pecora nera e nel corale Figli delle stelle.

Tirabassi ripesca una famosa e famigerata leggenda metropolitana di recente rivisitata anche da Salvatores nel suo Happy Family scegliendo come protagonisti Natale Tulli, già visto ne Il branco di Marco Risi e Roberto Nobile, altro volto noto della serie Distretto di polizia dove interpreta il poliziotto Antonio Parmesan.

Dopo il salto trovate il corto diviso in due parti che ricordiamo ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui un David di Donatello come miglior cortometraggio del 2001.

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Recensione in anteprima: Fortàpasc

Nel 1985 il giornalista Giancarlo Siani (Libero De Rienzo) viene assassinato con dieci colpi di pistola, un’esecuzione di stampo camorristico, che colpisce per la prima volta il mondo del giornalismo. Siani aveva solo 26 anni non era ancora un giornalista, era un praticante presso Il Mattino di Napoli, un abusivo come scherzosamente amava definirsi, ma conosceva bene il suo lavoro, era un giornalista di quelli a cui piace scavare bene ed in profondità, di quelli che più scavano e più hanno voglia di scavare, incapaci di fermarsi a riflettere sui rischi che si corrono a rimestare troppo nel torbido.

Assistiamo agli ultimi quattro mesi della sua vita, nel periodo in cui dal Vomero, il suo quartiere, quotidianamente visita il regno del boss Valentino Gionta, il famigerato quartiere di Torre Annunziata, qui Siani chiedeva, si informava, faceva domande, troppe, e si muoveva in cerca di risposte tra loschi interessi legati al dopo terremoto, interessi in cui sguazzavano politicanti corrotti e camorristi, contro i quali combattevano forze dell’ordine impotenti.

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I film più volgari della storia del cinema

Per quanto riguarda la volgarità nei film bisogna prima decidere se quest’ultima è accettabile nel contesto e nelle situazioni in cui è inserita o se è meramente un basso e furbo escamotage per strappare qulche risata facile. Nel primo caso possiamo parlare di volgarità alla fine ben contestualizzata e necessaria, come quella dei gangster-movie di Scorsese, uno su tutti Quei bravi ragazzi , dove il turpiloquio in gergo irtaloamericano si è guadagnato all’epoca dell’uscita il titolo di film con più parolacce della storia del cinema, battendo un cult come Scarface con un conteggio finale di 246 tra insulti, imprecazioni e minacce varie.

Tra gli italiani in testa alla classifica si piazzano alcune performance viste nei vari cinepanettoni, dai doppi sensi a sfondo sessual-pecoreccio della coppia Boldi/De Sica, al re della parolaccia, il comico Enzo Salvi alias er cipolla, che riesce a competere con il repertorio di un altro campione della categoria, l’attore Tomas Milian, da guinness la sua performance da sboccato rapper in Natale in India.

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Cinema e violenza: tra cult, horror e religione

Per determinare quale siano i film più violenti della storia del cinema dovremmo prima di tutto suddividere il discorso in categorie ben differenziate onde evitare una sequela di titoli horror che hanno nella violenza una parte narrativamente preminente e vitale, mentre invece esistono film che potremmo ritenere violenti sotto altri aspetti, violenti a livello psicologico che determinano una reazione emotiva di sdegno che esula dalla riproduzione dell’atto violento in sè, ma condanna il concetto ed il messaggio trasmesso dalla pellicola in questione.

Cannibali & zombie:

Sicuramente il film più censurato di sempre, su cui si è costruita una vera e propria leggenda metriopolitana da snuff-movie è Cannibal Holocaust del nostrano Ruggero Deodato, stilisticamente impeccabile, mostra truculente violenze fisiche su uomini ed animali che sconvolgono per crudezza e che ancora oggi rimangono insuperate per realismo ed efferatezza.

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