Sherlock Holmes: Gioco di ombre, recensione

Mentre Sherlock Holmes (Robert Downey, Jr.) sta indagando, anzi è letteralmente
ossessionato da una serie di delitti e accadimenti criminosi apparentemente non correlati avvenuti in tutta Europa e che Holmes crede fermamente siano orchestrati dalla brillante mente criminale del suo acerrimo nemico il Professor James Moriarty (Jared Harris), l’amico e spalla, l’assennato Dr. Watson (Jude Law) si prepara a convolare a nozze con la sua Mary (Kelly Reilly), ma non prima di aver festeggiato l’addio al celibato in un locale notturno insieme all’amico di tante avventure e al fratello di quest’ultimo, il logorrorico e uin po’ snob Mycroft Holmes (Stephen Fry). Nel locale in questione Holmes, oltre a cercare di non farsi amazzare da un killer-acrobata, incontrerà la zingara Sim (Noomi Rapace) e sia quest’ultima, che l’amico Watson diventeranno presto due bersagli di cui Moriarty ordinerà l’eliminazione, la prima perchè possibile connessione con il suo piano, il secondo perchè legato affettivamente al suo acerrimo avversario.

Holmes, Watson e Sim dovranno così far squadra per capire chi sia coinvolto nel diabolico piano ordito da Moriarty, ma soprattutto in cosa consiste e quale sia l’obiettivo finale, indagine questa che porterà il trio dall’Inghilterra alla Francia fino in Svizzera dove in un concitato finale Holmes e Moriarty avranno la loro resa dei conti in cui scopriremo di chi è la mente più brillante messa in campo.

Seconda avventura per lo Sherlock Holmes sbruffone e bohemienne di Robert Downey Jr. rivisitato in chiave smargiassa ed action dall’adrenalinica e virtuosistica regia dell’inglese Guy Ritchie, che in questo secondo capitolo non solo rimarca con compiaciuto vigore il divario tra il suo Holmes e quello letterario, ma amplia gli scenari e spinge vertiginosamente l’accelleratore sul lato action, trascurando spesso l’intreccio narrativo e trasformando di fatto l’Holmes di Downey in una via di mezzo tra Jackie Chan e lo Jack Sparrow di Johnny Depp, intendiamoci niente da obiettare se si cerca azione furiosa made in Hollywood, reiterati rallenti esasperati tra Matrix ed Inception, battibecchi alla Arma Letale e un’aria farsesca e avventurosa alla Indiana Jones, ma ci si domanda in tutta questa rutilante bagarre circense che fine ha fatto il personaggio di Sir Arthur Conan Doyle? Semplice fagocitato dall’istrionismo e dalla verve del talentuoso protagonista.

Sarebbe semplice lasciarsi coinvolgere dall’indubbio carisma di un Robert Downey Jr. che ruba la scena ad un Moriarty poco ispirato e dal bailamme fracassone di Ritchie, ma una volta spenta la giostra non ci si può non rendere conto della netta superiorità di un primo capitolo molto più equilibrato e con un’apprezzabile tocco dark che è andato irrimediabilmente perduto. Con Sherlock Holmes: Gioco di ombre siamo quindi di fronte ad un sequel sin troppo furbo, confezionato ad arte per piacere e coinvolgere una platea immensa e il più variegata possibile, ma che sacrifica troppo del personaggio originale così ben percettibile nel precedente film. Se si cerca un esempio di come si possa attualizzare benissimo un personaggio senza snaturarlo oltremodo, basta dare un’occhiata al classico Piramide di paura di Barry Levinson o alla recentissima e notevole serie tv britannica Sherlock.

Nelle sale a partire dal 16 dicembre 2011

Note di produzione: nel cast figura anche Rachel McAdams già apparsa nel primo film. Il film costato 125 milioni di dollari è stato co-prodotto da Robert Downey Jr., la moglie Susan Downey e il veterano Joel Silver, quest’ultimo già produtttore della serie Arma Letale e della trilogia Matrix.