Recensione: Pranzo di ferragosto

Il film rivelazione della Sessantacinquesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si chiama Pranzo di ferragosto, scritto, diretto e interpretato da Gianni Di Gregorio, vincitore del premio ISVEMA, attribuitogli dalla giuria del sindacato nazionale critici cinematografici italiani.

Collaboratore di Matteo Garrone, produttore del film, aiuto regista in Estate romana e L’imbalsamatore, Di Gregorio che è altresì il protagonista del film, parte da un fatto vero per creare una pellicola non vera ma verosimile.

Gianni, un uomo di mezz’età, figlio unico di una nobildonna decaduta e vedova, vive con sua madre in una vecchia casa nel centro di Roma. Tiranneggiato da lei, trascina le sue giornate fra le faccende domestiche e l’osteria. Il giorno prima di Ferragosto l’amministratore del condominio gli propone di tenere in casa la propria mamma per i due giorni di vacanza. In cambio gli scalerà i debiti accumulati in anni sulle spese condominiali. Gianni è costretto ad accettare.

A tradimento, l’amministratore si presenta con due signore, portando con se anche la zia che non sa dove collocare. Gianni, travolto e annichilito dallo scontro fra i tre potenti caratteri, si adopera eroicamente per farle contente. Accusa un malore e chiama un amico medico che lo tranquillizza ma, implacabile, gli lascia la sua vecchia madre perché è di turno in ospedale. Gianni passa ventiquattr’ore d’inferno. Quando arriva il sospirato momento del congedo però le signore cambieranno le carte in tavola.

Di Gregorio riesce a parlarci di un luogo spesso inesplorato, come la terza età. Pregi e difetti sono quelli che chi ha vissuto con un anziano conosce già: una sincerità quasi disarmante, una sorta di concentrazione su se stessi che li porta a parlare di un loro mondo fatto di ricordi, ammettendo una certa difficoltà nell’abbandonare le proprie abitudini.

Girato fra Trastevere e Viale Glorioso in Roma, Pranzo di ferragosto è un minuscolo gioiello di comicità, un revival a tinte forti che celebra la grande commedia all’italiana; un piccolo grande film di 75 minuti, senza attori famosi, con un unico obiettivo,: far ridere. Interpretato da quattro splendide e talentuose signore dalle eccentriche personalità, per la prima volta davanti ad una macchina da presa, il film convince, entusiasma e rende la 23ma Settimana Internazionale della Critica, protagonista della rassegna cinematografica.

A concludere, una riflessione: Pa-ra-da, Le ragioni dell’aragosta, La ragazza del lago di Molaioli e la new entry Pranzo di ferragosto, sono tutte pellicole presentate negli ultimi due anni alla mostra del Lido, nella sessione fuori concorso. Pellicole che hanno finito per oscurare, a livello di incassi, e/o di gradimento critico, le opere prime in concorso. Meditate gente, meditate.