Recensione in anteprima: Milk

Harvey Milk (Sean Penn) è un uomo non molto soddsfatto della sua vita, costretto a nascondere la sua omosessualità vive imbrigliato in un sistema che tenta di distruggerne personalità e sogni, soffocandone le ambizioni.

Molte relazioni disastrose e a volte con esiti tragici hanno segnato la vita sentimentale di Harvey che sente il bisogno al compimento dei suoi 40 anni di cambiare la propria vita ed uscire allo scoperto, lottando contro il sistema, dal suo interno, e dopo aver saggiato l’intolleranza di alcuni personaggi del quartiere, nonchè delle forze dell’ordine, in seguito all’apertura del suo  negozio di fotografia, in quel di San Francisco, Milk decide di candidarsi come consigliere comunale.

I primi anni sono duri e pieni di delusioni, ma ad ogni elezione Milk si ripresenta rosicchiando consensi e facendosi voce della grande massa silenziosa di omosessuali costretti a difendersi da leggi che ne ledono i diritti fondamentali, fino ad una vera e propria caccia alle streghe portata avanti da due personaggi ultraconservatori nel 1978, l’attivista Anita Bryant e l’allora Senatore della California John Briggs (Dennis O’Hare).

Grazie al cambiamento di alcune procedure per l’elezione del cosiglio comunale, Milk riesce ad avere la meglio nel suo distretto, Castro, cuore di un quartiere negli anni divenuto punto di riferimento per tutti gli omosessuali d’America e non, l’elezione di Milk farà in modo che l’odiosa e discriminatoria Proposta 6 e altre analoghe follie legislatuive vengano abolite e con l’appoggio del Sindaco Moscone (Victor Garber) grandi saranno i passi per un giusto e doveroso riconoscimento.

Purtroppo questa escalation politica  porterà il neo-eletto Milk a scontrarsi con l’instabile e introverso consigliere Dan White (Josh Brolin), che se all’inizio sembra appoggiare Milk, col tempo viene divorato da un forte complesso d’inferiorità e da una frustrazione che verrà accentuata dallle vicissitudini che seguiranno le sue dimissioni. Il tutto sfocierà nei tragici avvenimenti del 27 Novembre 1978, che lo vedranno, in preda ad un raptus, uccidere Harvey Milk ed il Sindaco Moscone.

Quando ho assistito alla proiezione di Milk, sono stato positivamente sorpreso dal non trovarmi di fronte alla solita biopic politica girata con mestiere e dai toni politicamente corretti, ma ad un sentito e doveroso omaggio ad una importantissima figura, l’attivista gay Harvey Milk, che ha combattuto per dei sacrosanti diritti e contro una sorta di follia ultraconservatrice che aveva preso piede negli Stati Uniti durante gli anni ’70.

Il cast è assolutamente credibile e incredibile, dal primo all’ultimo attore, Sean Penn in testa, si sente il calore e l’impegno profusi nel tratteggiare al meglio e con il rispetto dovuto tutta la varia umanità che popolava la sede elettorale di Milk e tutto il famoso quartiere di San Francisco.

La politica finalmente usata per qualcosa di fortemente giusto ed edificante, questo ci racconta il regista Gus Van Sant, Harvey Milk è purtroppo divenuto, l’inconsciamente consapevole agnello sacrificale di una lotta che già aveva mietuto molte vittime innocenti, ma chiedeva il sacrificio estremo, quello che scuote gli animi e risveglia le coscienze sopite, un pugno nello stomaco all’indifferenza.

Tutto quello che oggi, dopo anni di ingiustizie e persecuzioni, hanno guadagnato in diritti gli omosessuali, viene da quell’ultimo e plateale sacrificio, ed il folle e patetico Dan white, che ci ricorda non poco il  vigliacco ed invidioso Bob Ford che uccise il famigerato Jessie James tramutandolo in leggenda, non ha fatto altro, con il suo gesto atto a distruggere e cancellare, che consegnare definitivamente il nome di Harvey Milk alla storia, scolpendolo indelebilmente.

La fotografia, la ricostruzione storica, tutto è perfetto, tra immagini di repertorio che si integrano perfettamente nella pellicola, e alcune scene che potrebbero far storcere il naso a qualche benpensante, il regista è solo attento e commosso testimone, niente sterili provocazioni, niente virtuosismi tecnici, solo la pura realtà pronta da consumare ad uso di quei molti che ancora non conoscono l’importanza di questo personaggio cosi’ intenso e vitale.

Un plauso particolare al direttore della fotografia Harris Savides che è riuscito a farci tornare per un paio d’ore ai colori e alle suggestioni visive di una San Francisco e di un’epoca, gli anni ’70, così colma di vitalità e di voglia di cambiare il mondo.

Solo un meritato Oscar potrebbe completare la strada intrapresa da Harvey Milk e da questo film, pellicola poco appariscente nei mezzi, ma importante e necessaria negli intenti.