Prometheus, recensione in anteprima

Nel 2089 gli archeologi Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) e Charlie Holloway (Logan Marshall-Green) scoprono una mappa stellare che accomuna varie culture antiche non collegate tra loro. La coppia di studiosi interpreta questa scoperta come un invito a visitare quelle coordinate e a far luce sui precursori degli esseri umani. Peter Weyland (Guy Pearce), anziano amministratore delegato della Weyland Corporation, finanzia la costruzione dell’astronave Prometheus, un vascello scientifico che seguirà le indicazioni dei due archeologi che condurranno sulla luna LV-223.

Giunto a destinazione l’equipaggio, una volta uscito dal sonno indotto dalla stasi, sarà accolto da David (Michael Fassbender) un sofisticatissimo androide che ha vegliato su di loro durante l’intero viaggio. Approdati sul planetoide nel 2093 un team scenderà in esplorazione sulla superficie per affrontare quello che potrebbe rivelarsi l’evento scientifico più importante dell’intera storia del genere umano, capace di portare l’uomo ad un livello superiore di consapevolezza e di comprensione dell’universo stesso, rispondendo a quesiti irrisolti che da sempre circondano l’essere umano e la sua unicità.

La prima domanda da porsi di fronte al Prometheus di Ridley Scott e se giudicarlo come parte integrante della saga di Alien o se trattarlo invece come una sorta di capitolo apocrifco in cui si sfruttano elementi del celebre franchise per andare in tutt’altra direzione. La risposta è che il film si pone a mezzavia tra un prequel ed uno spin-off di Alien, a cui Scott ha aggiunto altri elementi in qualche mondo preparatori per un futuro sequel e quindi è impossibile ignorare i continui richiami ai primi tre film della saga, che nel corso della visione diventano una sorta di refrain di uno spartito sin troppo famigliare che causa diversi déjà vu, anche se è indubbio che l’intento finale di Scott sia quello di creare una nuova mitologia da cui attingere e ripartire.

Il film è ambizioso, ma mai pretenzioso, la praticità di Scott gli permette si di lambire arditi e angusti territori filosofici, ma anche di non sconfinare mai oltre il lecito, Scott non è Malick e Prometheus non è certo The Tree of Life. Quindi dopo aver accennato all’origine della scintilla creativa che ha permesso all’uomo di passare evolutivamente di livello, in questo caso puntando nella prima parte su un approccio quasi spielberghiano e pescando qua e la tra suggestioni new age in stile Contact e Mission to Mars, mentre nella seconda gli stranianti incubi organici e le visioni biomeccanoidi di gigeriana memoria ci riporteranno prepotentemente entro i confini del fanta-horror con disturbanti creature aliene e qualche delucidazione sull’iconico Space jockey che farà la felicità di chi come noi è fan di lunga data dell’Alien originale.

Prometheus è tecnicamente e visivamente ineccepibile, ricordiamo che il film sfrutta un 3D nativo, il cast non brilla particolarmente, ma lavora in sintonia supportando a dovere un algido e volutamente  distaccato Fassbender, il suo personaggio acclamato dalla critica d’oltreoceano vorrebbe essere un mix tra l’ambiguità di Ian Holm e l’affidabilità di un Lance Henricksen, ma secondo noi la sua performance è stata sovrastimata, mentre a Noomi Rapace è toccato l’arduo e ingrato compito di raccogliere virtualmente il testimone dell’eroina per forza, ma per fortuna carisma, talento e fisicità non mancano all’ex-Lisbeth Salander della trilogia Millennium.

Il film lotta ad ogni sequenza con una dualità in parte conflittuale, che pone Scott tra due fuochi, il dover seguire in qualche caso anche forzosamente un punto di riferimento imprescindibile come quello della saga da egli stesso lanciata e il volersene in qualche modo sganciare con una narrazione di più ampio respiro, dicotomia che crea su schermo qualche paradosso, amplificato da una colonna sonora piuttosto indecisa tra ansiogeno ed epico (SPOILER: vedi le sequenze più raccapriccianti come quella della creatura aliena che attacca due membri della squadra isolati, seguita a brevissimo dalla scena quasi favoleggiante in cui l’androide David alla scoperta del ponte comando della nave aliena è immerso in mappe stellari olografiche, sequenza quest’ultima sottolineata da una colonna sonora epicheggiante che cozza vistosamente con le immagini immediatamente precedenti e una tensione in costante crescendo. FINE SPOILER)

Con Prometheus siamo di fronte ad una fantascienza spettacolare, ma decisamente adulta che però non riserverà alcuna sorpresa per chi il genere lo conosce a fondo e ne ha fruito in svariate e molteplici salse, però siamo certi anche che il film non deluderà gli appassionati a patto che non si cerchi il capolavoro a tutti i costi, si accetti dal film che ponga più domande di quelle a cui riesca effettivamente a rispondere e che questa dicotomia “Alien non Alien“ non sia un limite, ma contrappunto e preambolo per un futuro viaggio verso altri lidi, che speriamo apriranno la narrazione all’impatto epico e alle molteplici implicazioni che la suggestiva sequenza di apertura del film pone in essere.

Nelle sale a partire dal 14 settembre 2012

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Note di produzione: nel cast figurano anche Idris Elba e Charlize Theron; in origine Ridley scott aveva chiesto 250 milioni di dollari di budget per la realizzazione e di poter utilizzare contenuti vietati ai minori, la Fox ha invece concesso non più di 130 milioni di dollari e ha mediato per un vietato ai minori di anni 13 onde ampliare il pubblico potenziale; nel dicembre del 2010 è stato segnalato che il film si sarebbe intitolato Paradise ispirandosi al poema epico Paradiso perduto di John Milton, ma Scott in seguito ha ritenuto che il titolo non fosse del tutto appropriato optando così definitivamente per Prometheus.

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