In the Market, recensione

David, Sarah e Nicole si mettono alla guida per partecipare ad un concerto e con l’intenzione di affrontare un viaggio con tappe non pianificate, un pò all’avventura e proprio durante questo viaggio in jeep finiranno per incrociare, in un’isolata stazione di servizio, un paio di bislacchi rapinatori mascherati e piuttosto esagitati che li deruberanno di documenti e soldi, lasciandoli terrorizzati e con in tasca o meglio nel cruscotto solo i tre biglietti del concerto.

Come proseguire allora il viaggio? Semplice mentre il terzetto è in cerca di un telefono,  che come da copione horror non funziona, si accorge che nelle vicinanze c’è un market che è in procinto di chiudere ed è all’interno del locale che David ha la geniale idea di nascondersi nei bagni e una volta rimasti soli con il market chiuso, fare baldoria con cibarie e bevande gratis fino all’alba, ma se la prima parte del piano funziona, i tre si accorgeranno ben presto che l’addetto al banco della macelleria sta facendo gli straordinari e che la carne che sta macellando è umana.

In the Market purtroppo, anche per chi come noi ha masticato horror low-budget a iosa, non può che considerarsi un miracolo della distribuzione e per una volta in senso negativo, non si riesce a capire come il film del volenteroso, ma decisamente confuso Lorenzo Lombardi possa essere riuscito ad approdare in sala, la visione lascia decisamente perplessi, sia per la recitazione che in alcuni frangenti, vedi le logorroiche sessioni nella Jeep con i tre protagonisti che recitano con un’enfasi da televendita, ma anche per l’intera ed inutile prima ora di film, la pellicola dura poco meno di novanta minuti, che sembra essere stata aggiunta in un secondo momento solo per giustificare il formato.

Potremmo sembrare piuttosto duri di fronte ad un regista esordiente, ma se si pretende di approcciare il grande schermo si deve anche subirne  gli inevitabili paragoni, usando una metafora calcistica è come voler paragonare il calcetto tra amici ad un campionato di serie A, se In the Market fosse stato un cortometraggio o un mediometraggio, magari presentato in qualche festival si poteva apprezzarne appieno la discreta parte finale con il sempre ottimo make-up di Sergio Stivaletti che non delude mai, efferatezze varie alla Hostel e un villain cannibale interpretato dall’istrionico Ottaviano Blitch (Shadow), che a parte qualche logorrorica pretenziosità dovuta al copione, si diverte non poco a caratterizzare un serial-killer che comunque è l’unica cosa buona che esce da un’opera che non va oltre l’amatoriale.

In the Market così resta un’operazione bislacca, in cui si rischia un’inutile overdose da citazione e si gioca a fare gli americani non avendone i mezzi, inutile dire che il film non vale il prezzo di un biglietto ne per il curioso ne tantomeno per il cultore, peccato perchè se si fosse puntato ad un altro formato, tagliando l’intera parte iniziale, ne sarebbe uscito un discreto cortometraggio, il primo di una lunga serie che avrebbe permesso a Lombardi di maturare e fare esperienza onde arrivare a tempo debito su grande schermo, senza lanciarsi allo sbaraglio con del materiale piuttosto discutibile.