Anne Riitta Ciccone, regista de Il prossimo tuo intervistata in esclusiva da Il Cinemaniaco

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Anne Riitta, hai esordito nel mondo del cinema nel 1999 con Banana Splatter: ci racconti la tua evoluzione artistica di scrittrice e di regista?

Ho iniziato come assistente volontaria sui set, molto giovane, insomma portando i caffè. A quindici avevo deciso che da grande avrei fatto la regista, per colpa di un cineforum che ha scombinato tutti i piani che i miei genitori potessero avere su di me. Quindi ho fatto la gavetta, un corso come operatore, una laurea in Filosofia (per passione) , un paio di corsi di sceneggiatura (Rai, e workshop con la Columbia University di New York) poi grazie a un premio Solinas ho iniziato a lavorare seriamente, nel senso, mi venivano affidate sceneggiature che firmavo e persino, pur essendo giovane donna bionda, un set da dirigere. L’evoluzione di un regista va di pari passo con la sua vita e le sue convinzioni, la tecnica è l’aspetto più facile, quel che tento di fare è avere sempre qualcosa da dire che non sia solo una mia esigenza ma lo specchio di un’esigenza più possibile universale.

E’ uscito nel weekend il tuo nuovo film, Il prossimo tuo. Ci racconti di cosa parla e ci spieghi, perché, secondo te, il pubblico dovrebbe andarlo a vedere.

E’ una storia sulla paura, su come condizioni le nostre scelte, come sia alla base dei nostri pregiudizi e sospetto verso l'”altro”. E’ una coproduzione tripartita tra Italia, Finlandia e Francia, dato che si tratta di tre storie intrecciate tra Roma, Helsinki e Parigi. Penso che sia un film interessante da vedere per la tematiche, che di sicuro riguardano proprio tutti e sono sicuramente attualissime, ma anche perché è un prodotto orginale per il cinema italiano: girato in giro per l’Europa, in tre lingue e con un cast internazionale. Quel che mi ha motivato era la volontà di fare un film non provinciale, buttare l’occhio oltre alle Alpi, perchè come spettatrice del nostro cinema sono un po’ stanca di vedere le storie di gente che dovrebbe essere quella che incontro sul mio pianerottolo, ma in cui non mi riconosco mai, e che mi viene venduta come “il racconto del nostro paese”.

Tua mamma è finlandese e tuo padre siciliano, cosa hai portato nel tuo cinema delle due culture?

Il senso dello sradicamento e della non appartenenza, che prima vivevo come un handicap, oggi come un privilegio. Forse il senso di appartenenza è alla base dei più gravi danni dei nostri tempi. O forse me la racconto perchè non ho ancora capito di dove sono … comunque nel mio cinema di sicuro porta il fatto che ho sempre voglia di raccontare storie ampie, appunto più internazionali e il tema dello straniero infine è sempre presente, nei miei film.

anne_riitta_09_bCosa cerchi di esprimere attraverso i tuoi film?

Una visione del mondo in cui la maggior parte possibile di pubblico possa specchiarsi e riconoscersi, spunti per riflettere, il massimo sarebbe riuscire a mostrare quel che si crede di avere sotto gli occhi, e invece non si vede più o non si vede ancora. Quindi quel che richiedo a me stessa è un costante sforzo di osservazione, porre domande, non certo dare risposte o mandare messaggi. I cineasti che asseriscono di mandare messaggi mi inquietano ...

Quali sono i tuoi modelli come regista e come scrittrice?

Nel famoso cineforum in cui è nata la mia volontà di fare questo mestiere sono stata folgorata da Pasolini, “Accattone”, è un film che vedo spesso e cui penso spesso. Veri e propri modelli non ne ho, ci sono registi che amo infinitamente, da Fellini a Tim Burton a Maverick, Jane Campion e Bertolucci, amo moltissimo Kaufmann come sceneggiatore, trovo che sia un genio. Però cerco di non farmi influenzare da ciò che amo, magari si sedimentano dentro, ma il massimo per un regista sarebbe avere uno sguardo proprio, quindi onesto.

Con quali attori vorresti poter lavorare un giorno (italiani e stranieri)?

Come attori italiani spero un giorno di lavorare con Filippo Timi, con Favino, e poi sono affascinata dalla Golino e dalla Morante, come attori stranieri mi piacerebbe un giorno lavorare con Cate Blanchett, Naomi Watts, Moritz Bleibtreu.

Quanto è utile per un regista la possibilità di far copro durre un film da più Paesi?

Penso che quello della coproduzione sia uno degli unici futuri possibili, per noi in Italia, data la situazione che si è venuta a creare che mette sempre più in difficoltà le produzioni indipendenti. Lavorare in una coproduzione poi è utile per il regista perchè confrontarsi con produzioni e collaboratori stranieri insegna molto.

Dove ti sei sentita più a tuo agio a girare i film e in quale nazione è più facile per te essere vista?

Mi sono sentita più a mio agio di sicuro in Finlandia. Girare lì, per me è sicuramente emozionante per una questione personale, ma devo dire che in assoluto ci sono entusiasmo, disponbilità e gratitudine per il lavoro che si svolge che forse da noi si sono un po’ persi… in Finlandia c’è anche il fattore non secondario che il fatto di essere una regista di sesso femminile non cambia assolutamente nulla, a nessun livello. Essere visti, lo è anche in questo caso più facile lì, anche perchè è un paese infinitamente meno popolato, e forse con gusti ed esigenze più variegate e pluraliste, in merito a cinema e cultura in generale, quindi lo “spazio visivo”è meno monopolizzato.

Cosa manca al cinema europeo e più in particolare a quello italiano per poter competere con quello americano? E’ veramente solo questione di budget?

In confronto a quello europeo solo una questione di budget. Tanto è vero che quando paesi come Francia e Inghilterra hanno prodotto dei film con budget altissimi la qualità di quei prodotti non aveva nulla da invidiare agli americani. In Italia è proprio impossibile competere con quei budget, forse l’errore poi è che se capita che si usino decine di milioni di euro per un film, li si investono in film comunque d’autore, che mi appaiono come operazioni insensate in partenza, sinceramente. Un autore dovrebbe avere, secondo me, un po’ più di senso di responsabilità per i soldi che si spendono sulle sue spalle. C’è un cinema indipendente americano che amo molto, e che secondo me ci batte non per budget ma per il coraggio o l’originalità dei contenuti. Ma è un altro discorso.

Benedetto Croce diceva che l’opera d’arte esiste nel momento in cui la si crea nella propria mente, poi quando la si riproduce nella realtà diventa un’opera d’artigianato. I tuoi film ti soddisfano quando li hai creati?

Nella misura in cui il film che realizzi non è mai quello che hai in testa, ma impari ad amarlo per come è venuto su malgrado le tue intenzioni, un po’ come i figli.

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Quale è la tua conoscenza della nuova realtà del cinema, quella cosiddetta del futuro, il 3D?

Sono incuriosita dal digitale, e soprattutto dal 3D, sto meditando qualcosa in questa direzione. Vorrei girare un film tutto con la Red Cam, e poter giocare poi in post produzione. Il 3D poi mi pare straordinario, nel senso che dona quello stupore che si ha da bambini quando si vede per la prima volta il grande schermo. E’ un linguaggio che forse può riportare i giovani in sala perchè rinnova lo stupore della sala, dello schermo grande. Mi spiace sapere che c’è gente per cui vedere un film sul computer o in televisione piuttosto che sul grande schermo “è uguale” ma forse è comprensibile se il cinema perde il fascino dell’immagine, del provocare stupore con la visione e si concentra solo sull’ansia del racconto. Il progresso tecnologico, comunque, è una cosa che mi entusiasma e sono curiosissima di ogni nuova frontiera dell’immagine.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando a un paio di progetti: uno forse, sarà un film tutto finlandese, ma non ho ancora chiuso l’accordo quindi è un’ipotetica, poi ho acquisito i diritti del romanzo “Kashmir Palace” di Mimosa Martini, una giornalista molto in gamba che ha scritto questo romanzo splendido sugli inviati di guerra, una storia avvincente sulla guerra vista dalle donne e sul pericolo che affrontano i giornalisti per poter vedere con i propri occhi e racconarci la verità su quel che accade nel mondo. Sto per iniziare a scriverlo, questa volta non da sola e stiamo avviando una coproduzione internazionale, anche questa volta!

Puoi salutare i nostri lettori appassionati di cinema e dar loro un consiglio?

Certo, saluto i lettori de Il Cinemaniaco incoraggiandoli a seguire le cattive compagnie, che a seguire le strade sicure si rischia meno ma si impara poco e ancora meno ci si diverte.