Tutti al mare, recensione in anteprima

Il tran tran di Maurizio (Marco Giallini) proprietario di un chiosco sul litorale laziale è il medesimo da tanti, forse troppi anni a questa parte con anziana madre al seguito che non smette di comandarlo a bacchetta, qualche incursione di polizia e finanza che rischia di fargli chiudere i battenti, ma che Maurizio riesce a tenere a bada  con il suo fare marpione e qualche gustoso piatto di pesce offerto dalla casa e dalla provenienza alquanto dubbia e naturalmente la galleria di varia umanità rappresentata dai bagnanti che si susseguono giorno dopo giorno a stuzzicare qualcosa, a rinfrescarsi dalla calura a far quattro chiacchiere tanto per tirar giornata.

Così mentre Maurizio di giorno è impegnato con il suo chiosco e la sera con il suo ristorante, sempre il medesimo chiosco ma in versione più raffinata, personaggi di varia umanità gli  fanno da contorno e ne riempiono il quotidiano, vedi la coppia lesbica in conflitto, l’anziano con ricordi di guerra al seguito, lo iettatore, il cornuto ignaro, la starlette del piccolo schermo, il depresso cronico che deciso di farla finita e via discorrendo tra un gelato, un piatto di pasta e una bibita fresca all’insegna di una malinconica e nostalgica Italia da bagnasciuga.

Sin dai primi minuti svanisce come neve al sole l’ansia da cinecocomero fuori stagione che questo Tutti al  mare ci aveva causato, ansia che per fortuna viene disattesa da una sceneggiatura che stranamente e fortunatamente pesca a piene mani da un cinema d’altri tempi e altri intenti, dall’aria gradevolmente retrò deciso a raccontare un Italia surreale, ma prodondamente schietta e non costruita a tavolino ed edulcorata dal sempre più invadente piccolo schermo, che in questi ultimi anni ha popolato le spiagge in celluloide di siliconate, cafoni da reality, tronisti e opinionisti da salotto tv.

Il regista Matteo Cerami che firma lo script insieme al padre Vincenzo, che ricordiamo sceneggiatore de La vita è bella di Benigni, non nasconde anzi dichiara senza remore il suo ammiccare a piccoli classici del passato come il Casotto di Sergio Citti, di cui tra l’altro il padre era co-sceneggiatore e ad un cinema vacanziero vecchio stampo, dotato di una genuinità di fondo capace di regalare piccoli frammenti di Belpaese filtrati da una surreale romanità che è andata perduta, lasciando il posto al trivio da avanspettacolo nel senso piu negativo e deleterio del termine.

Qui quella romanità la ritroviamo con piacere grazie a Gigi Proietti, Ninetto Davoli, Marco Giallini, Rodolfo Laganà e c’è persino Francesco Montanari, truce Libanese nel Romanzo Criminale televisivo e una sorprendente comparsata di Ennio Fantastichini nel nostalgico menù di questa pellicola che grazie ad una schiettezza di fondo, tanta malinconia, qualche ingenuità e un’atmosfera surreale lontana dal cinema fast-food di ultima generazione, regala più di qualche risata e si rivela un godibile divertissement, un tantinello fuori stagione, ma comunque molto gradito.

Nelle sale dall’11 marzo 2011

Note di produzione: nel cast anche lo sceneggiatore Vincenzo Cerami (Gianni), Ambra Angiolini (Gianna), Ilaria Occhini (Valeria) e Libero De Rienzo (Nando) e a proposito degli omaggi al classico di Citti, nel cast di entrambi i film troviamo Proietti e Davoli, Alfredo Cerquetti interpretato nel ’76 da Ugo Tognazzi è citato con il personaggio di Giorgio Gobbi e infine Gianfranco Piccioli ha prodotto entrambi i film.