S1m0ne, recensione

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Il regista Viktor Taransky (Al Pacino) non sta attraversando un momento particolarmente felice, i suoi ultimi film non hanno riscosso il successo previsto e l’ultima sua pellicola, quella che potrebbe trasformarsi tanto nel suo canto del cigno quanto in una sua rinascita e rivalutazione artistica è messa in pericolo dalla solita star viziata e capricciosa in cerca d’attenzione.

Stavolta sembra davvero la fine, se non fosse che la tecnologia virtuale arriverà in soccorso del sempre più sconfortato Taransky, un simulatore d’attrice, sofisticato software che genera in men che non si dica una affidabile e docile star concepita a tavolino che sfornerà la bellissima diva Simone, pronta ad incantare intere platee di spettatori e risollevare la carriera del regista, e perchè no a diventare la diva nel nuovo millennio.

Simone non solo sfonda, ma va ben oltre, viene idolatrata da milioni di spettatori, spasmodicamente cercata, e se all’inizio Taransky riuscirà con qualche escamotage a mostrarla in pubblico, quando la pressione dei media e dell’opinione pubblica si farà insostenibile il regista si troverà nei guai, perchè il suo continuo rifiuto di mostrare la sua creatura innescherà una serie di sospetti, finchè una sua dichiarazione che Simone sarebbe morta in un tragico incidente, porterà Taransky dritto in prigione.

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Ed Harris: l’anima inquieta dell’uomo medio americano

Attore che mixa un viso ed una fisicità efficacemente tranquillizzanti ad un animo irrequieto e dagli estremismi autoriali che rivelano inquitudine e profondità notevoli, questo permette a Ed Harris di rassicurarci con caratterizzazioni politically correct come in Apollo 13 e The abyss e affondare fendenti interpretativi con film come An history of violence e Pollock.

Edward Allen Harris nasce il 28 Novembre 1950 a Tenafly nel New Jersey (USA), madre agente di viaggi, padre corista e bibliotecario, studia alla Tenafly High School, la passione per lo sport si fa presto sentire ed il giovane Harris sceglie l’atletica che gli aprirà le porte, per meriti sportivi della Columbia University è il 1969.

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Jim Carrey: cuore di clown

Vulcanico e irriverente, Jim Carrey è una creatura partorita dal cinema e dalla televisione, come il folle e disturbato uomo del cavo de il rompiscatole, è nato tra i miti della comicità slapstick come Jerry Lewis e nutrito a pane e imitazioni, ma il suo non è stato un percorso semplice, la lunga gavetta ne ha fatto l’attore completo che è oggi, un attore che tra dramma, thriller e commedia strabilia per professionalità ed istrionico talento.

James Eugene Redmond Carrey nasce a Newmarket (Canada), il 17 gennaio 1962, da kathleen casalinga e Percy, contabile con l’hobby della musica, cresce con tre fratelli più grandi, John, Patricia e Rita.

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Marty: oltre il recinto

Il salto oltre il recinto dello zoo che ci circonda ha un significato ambivalente per molti di noi; a volte si tratta della necessità violenta di liberarsi di qualcosa, a volte si tratta della voglia di aver qualcosa di cui lamentarsi; altre volte ancora è il bisogno protettivo di avere un limite da temere.

Vi ricordate The Truman Show? Io me lo ricordo. Se ci pensate un attimo, pensare a quel film e poi pensare a Marty ci riporta a considerare questo entusiasmo che caratterizza gli strati profondi della personalità, e che inevitabilmente, superate certe soglie, arriva a far compiere imprese grandiose.

Anche Marty non deve illudersi
: quando si è personaggi di una storia da raccontare, non c’è scampo: si è una parte, ed essere un tutto idempotente e attivo è solo una mera illusione; “giusto quello che basta per vivere”, direbbe qualcuno.

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