Rocky Balboa, recensione

Rocky (Sylvester Stallone) è ormai in pensione da un bel pò di tempo, il clamore del ring è una indistinta eco e i giorni di gloria sono divenuti sbiaditi ritratti all’interno di foto appese al muro del ristorante che ora il vecchio Stallone italiano gestisce proprio nella sua Philadelphia e il cui nome è dedicato alla moglie Adriana (Talia Shire) recentemente scomparsa per un tumore.

Rocky però resta aggrappato fortemente ai quei ricordi, nonostante il cognato Paulie (Burt Young) gli rammenti che ormai rappresentano un passato troppo lontano che potrebbe solo fargli del male, ma a Rocky piace intrattenere i clienti del suo locale raccontando della grande occasione avuta con l’amico Apollo, dello schiacciasassi Clubber Lang, dell’avventura in Russia contro il gigantesco sovietico Drago.

Proprio da quel passato così tante volte rivisitato che spunta una vecchia conoscenza, quella Marie (Geraldine Hughes) che Rocky conobbe ancora adolescente e a cui all’epoca cercava di spiegare come si sarebbe dovuta comportare una ragazza perbene, prendendo in cambio una bella serie di insulti.

Marie ora è una donna abbandonata dal marito che vive con un figlio ormai grande in un tugurio, sbarcando il lunario proprio nel bar che Balboa frequentava prima che l’amata boxe gli regalasse una vita da sogno, Rocky proporrà a Marie di lavorare nel suo locale così da poterla aiutare economicamente, senza per questo farla sentire in difficoltà.

Una sera come tante durante il suo giro tra i tavoli, Rocky assiste ad una simulazione realizzata con un computer in cui si mostrano a confronto in un incontro virtuale lui e il nuovo campione dei massimi Mason Dixon (Antonio Tarver), mostrando ad oggi un’eventuale superiorità dell’ex-campione, risultato che avrà come conseguenza un calo di poplarità per Dixon già non amatissimo, ma darà anche la possibilità a Rocky di disputare un ultimo incontro.

Sono passati sedici anni anni dal deludente Rocky 5 e Stallone che fa, riprova a chiudere dignitosamente una saga epocale che ha portato al cinema milioni di spettatori e come accadrà con John Rambo ci riesce grazie ad un film onesto, che ci mostra un Rocky fiaccato dal tempo, ma per nulla rassegnato regalandoci un degno e toccante capitolo finale di una vera icona sportiva in celluloide.

Rocky Balboa è un atto dovuto anche non piacerà a qualcuno che non ama vedere il tempo che trascorre su un eroe da grande schermo, noi non possiamo che essere felici per una scelta che su carta sembrava un bell’azzardo, e che invece su schermo regala emozioni e un bel carico di sana nostalgia da bei tempi andati.

Note di produzione: Nel film l’attrice Talia Shire (Adriana) a causa di alcune controversie contrattuali con la MGM compare solo in flashback grazie ad immagini dei capitoli precedenti, nei panni del filgio di Balboa troviamo Milo Ventimiglia, il Peter Petrelli della serie tv Heroes, il film a fronte di un investimento di 24 milioni di dollari ne incassa worldwide oltre 150.