Recensione: Italians

Dopo una vita passata a contrabbandare, per una ditta romana, Ferrari rubate negli Emirati Arabi, Fortunato (Sergio Castellitto) decide di ritirarsi e sceglie come suo successore il giovane ed inesperto Marcello (Riccardo Scamarcio), cercando in due giorni e due notti di istruirlo sugli usi e costumi locali, e trasmettergli qualche trucco del mestiere.

Durante il peregrinare nel deserto, i due si avvicineranno e conosceranno a fondo nonostante il poco tempo a disposizione, ed un’amicizia forte sembrerà consolidarsi, e così tra imprevisti, posti di blocco, nottate brave, e gare di Ferrari nel deserto, Fortunato avrà la possibilità di raccontarsi al giovane amico e Marcello di mettersi nei guai ed imparare qualcosa.

A migliaia di chilometri di distanza seguiamo le vicissitudini di Giulio (Carlo Verdone), dentista affermato con attico in centro, domestico indiano ed un matrimonio fallito alle spalle. Il tran tran quotidiano sembra spegnere qualsiasi entusiasmo nel rassegnato Giulio, e la notizia di un invito ad una convegno a San Pietroburgo irrita non poco l’uomo che non è assolutamente intenzionato a parteciparvi.

Un collega corre in aiuto del depresso Giulio, mettendolo in contatto con un certo Vito Calzone (Dario bandiera), cialtronesco organizzatore di viaggi un pò particolari su internet. Un po’ particolari vuol dire che Vito noleggia prostitute, che lui chiama scherzosamente nipotine, Giulio da prima recalcitrante si lascia abbindolare dalle promesse di sesso facile con donne bellissime e raccomandadosi con Vito per l’assoluta discrezione si imbarca un pò preoccupato in quest’avventura.

Vito non è certo un tipetto discreto e questo innescherà una serie di vere tragedie che vedranno Giulio coinvolto in festini sadomaso, e sparatorie tra bande criminali, e solo l’intervento di Vera (Ksenia Rappoport), la sua interprete locale, lo toglierà provvidenzialmente dai guai.

Dopo la cocente delusione dell’atteso Il cosmo sul comò, commedia finita a tarallucci e vino, e il solito duetto indigesto di cinepanettoni della coppia scoppiata De Sica/Boldi, il sottoscritto si lancia a capofitto in cerca di un pò di commedia salubre, dove ridere, ma anche sorridere, dove emozionarsi un pochino senza dover per forza sorbirsi battute grevi e imbarazzanti doppisensi, e questo Italians sembra, senza far gridare al miracolo, riuscito nell’ardua impresa.

Giovanni Veronesi è un talento indiscusso, sa maneggiare la scrittura cinematografica come pochi, certo la sua regia è altalenante nei risulati, non dimentichiamo i disastrosi Il mio West e Streghe verso Nord, ma nei due capitoli di Manuale d’amore sembrava a proprio agio con la formula del film ad episodi, storie brevi che gli permettono di controllare con mano sicura il tono ed i tempi del racconto.

Il regista è stato più volte accostato al maestro Mario Monicelli, sorvolando su questi impropri  paragoni, diciamo che entrambi i registi hanno un modo di raccontare l’Italia e gli italiani graffiante e a volte spietato, anche se questo Italians, alla fine, quando potrebbe affondare nell’analisi dei vizi nostrani si lascia addolcire dal timore di offendere, o peggio ancora non accontentare il pubblico pagante.

L’idea dei due episodi è buona e funzionale, anche perchè entrambi i soggetti non avevano lo spessore narrativo per svilupparsi e affrontare indenni la lunghezza di un lungometraggio unico. L’episodio di Verdone  è decisamente buono, ma soffre della ormai troppo riconoscibile serie di tic ed espressioni verdoniane, da segnalare il bravo Dario Bandiera, che già ci aveva piacevolmente sorpresi nell’episodio sexy-ospedaliero del secondo Manuale d’amore, dove era l’irrequieto vicino di letto di Riccardo Scamarcio.

L’episodio che comunque nobilita l’intera operazione è quello dell’accoppiata Castellitto/Scamarcio, intanto l’approccio da road-movie aiuta molto e sembra calzare a pennello al regista, questa scelta stilistica alla Salvatores, aiutata da un Castellitto bravissimo e teneramente cialtronesco ed uno Scamarcio in parte, diverte e funziona.

In conclusione una buona commedia, pecca in buona parte della cattiveria necessaria ad un operazione del genere, ma nel complesso, vista anche la desolazione creativa imperante nel genere, un film estremamente godibile.