Motel Woodstock, recensione

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Estate del 1969, il giovane Elliot Tiber (Demetri Martin) aspirante arredatore d’interni cerca di trovare un modo per salvare il motel dei suoi genitori da un inevitabile chiusura, così saputo che la sua cittadina ha negato i permessi agli organizzatori in un grande evento musicale, decide di farsi carico del concerto e contatta la Woodstock Ventures.

Purtroppo gli organizzatori non si dimostrano soddisfatti, il terreno messo a diposizione da Tiber è un immenso acquitrino, impensabile allestirvi un palco ed ospitarvi per più giorni migliaia di persone, ma Tiber ha un asso nella manica, il suo vicino Max che dipone di un grande pascolo decisamente più adatto.

Così Tiber si ritrova inconsapevolmente ad essere uno dei realizzatori della più grande manifestazione musicale di tutti i tempi, qualcosa di così monumentale che registrerà oltre mezzo milione di presenze e il top dei musicisti dell’epoca che misero in note un messaggio universale di pace, amore e tanta grande musica.

Ang Lee si dimostra ancora una volta uno dei registi più versatili sulla piazza, il suo girovagare in questi anni di genere in genere stupisce, capace di intimistici slanci autoriali come in Tempersta di ghiaccio o Lussuria, ma sfoggiando anche una intelligente connessione con il grande pubblico che gli ha permeso di rileggere un’icona dei fumetti come Hulk o sdoganare i cowboy gay de  I segreti Brokeback Mountain,

Motel Woodstock è un colorato e divertente trip ricco di fumettose suggestioni che ci accomapagna in un coinvolgente dietro le quinte di una delle manifestazioni simbolo di un’intera generazione, e anche se il festival rimane sullo sfondo, la pellicola ne omaggia l’impatto emotivo puntando sugli strambi personaggi che popolano il romanzo autobiografico di Elliot Tiber da cui è tratto il film, regalandoci un delizioso viaggio nel tempo dallo stravagante look retrò.

Motel Woodstock si rivela un partecipato omaggio alle suggestioni di quegli anni, al messaggio che quella musica e quello spettacolo intendevano veicolare e che influenzeranno un’intera generazione, e ci mostra un Ang Lee colorato, spassoso e in una veste comedy tanto inedita quanto intrigante.