L’asilo dei papà: recensione

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Charlie Hilton (Eddie Murphy) e il suo amico Phil (Jeff Garlin) hanno un bel lavoro, una bella casa e possono permettersi di mandare i loro figli ad una scuola privata, ma ben presto  il destino riserverà loro un periodo di crisi che farà perdere ai due il lavoro e  li costringerà a ritirare i loro figli dalla prestigiosa Chapman Academy.

Trovare un nuovo impiego  non sembra alquanto semplice e visto che sono diventati delle vere casalinghe e si occupano dei rispettivi figli gli viene in mente di organizzare un asilo in casa e accudire dei bambini, con tanto di retta mensile e un sistema educativo un pò sui generis.

La cosa all’inizio si rivela irta di ostacoli, insomma badare ad una frotta di scalmanati marmocchi farebbe uscire di testa chiunque, poi lentamente le cose sembrano prendere la piega giusta, i bambini si affezionano e aumentano, ma le defezioni dagli altri asili scateneranno delle ritorsioni da parte della concorrenza…

Eddie Murphy dopo Il Dottor Dolittle 2, e l’ennesimo scivolone con la comedy fantascientifica Pluto Nash, torna al family-movie, strada già battuta e decisamente più sicura, si affida al regista Steve Carr che già lo aveva diretto nel sequel del Dottor Dolittle e sforna una comedy semplice, senza pretese e con un esercito di piccoli attori in erba.

Ne risulta un film discreto, senza guizzi, che scorre sicuro sui binari della commedia con bambini, che si rivelano come al solito teneri e pestiferi al punto giusto e pronti a divertire il grande pubblico inscenando simpatiche gag con il protagonista.

L’asilo dei papà è talmente lineare E privo di spunti che scorre via senza lasciare troppa traccia di sè, risulta un film simpatico, nulla di più, ma neanche nulla di meno, sicuramente non un brutto film, solo estremamente furbo e innocuo. Sembra proprio  che Murphy abbia deciso che i family-movies, quando necessario, siano un ottimo modo per far cassa. Il film, visti gli ottimi incassi in patria, ha avuto anche un sequel, Il campeggio dei papà.