La ragazza che giocava con il fuoco, recensione

la-locandina-di-la-ragazza-che-giocava-con-il-fuoco-125672 []Il giornalista investigativo Mikael Blomkvist (Mikael Nyqvist) dopo aver schivato in extremis una condanna per calunnia torna più combattivo che mai alla guida della rivista Millenium, pronto a cimentarsi con un’altra scottante inchiesta, stavolta si tratta di un traffico di prostitute dai paesi dell’Est.

Naturalmente l’inchiesta non si limita ad una pericolosa sbirciatina nel mondo  della malavita organizzata, ma finisce per coinvolgeree anche le alte sfere del governo svedese, dalla polizia passando per giudici, sino a toccare qualche esponente politico di primo piano, non risparmiando qualche piede pestato anche nei servizi segreti.

L’inchiesta però viene congelata poco prima di andare in stampa perchè i media sono concentrati su un triplice omicidio che vede coinvolta proprio Lisbeth (Noomi Rapace), la giovane hacker dal passato burrascoso e dal presente incasinato vecchia conoscenza del giornalista. Blomqvist da per certo che la ragazza è innocente, e metterà in moto il suo talento investigativo per provarlo.

Ecco, a soli sei mesi di distanza dallo stratosferico successo di Uomini che odiano le donne, il  sequel La ragazza che giocava con il fuoco, secondo capitolo cinematografico della trilogia di romanzi Millennium, alla regia il cambio si fa sentire oltremodo, al posto di Niels Arden Oplev il collega Daniel Alfredson che sforna un thriller sin troppo convenzionale, mancando della grossa il bersaglio e dimenticando di caratterizzare opportunamente molti dei personaggi che transitano nella pellicola lasciando decisamente il tempo che trovano.

E’ proprio Lisbeth, la ragazza che gioca col fuoco, a tenere in piedi una pellicola con un’ambigua inclinazione televisiva, la talentuosa Noomi Rapace è perfetta, e la sua trasformazione fisica in costante evoluzione ne accentua l’aggressività latente da anti-eroina, per lei un deciso passo in avanti rispetto alla performance del  precedenta capitolo, passo in più che arretra ed in parte mette in ombra il suo partner, l’attore Mikael Nykvist, qui decisamente sottotono.

La parte prettamente violenta e trasgressiva che caratterizza la trilogia dello scrittore Stieg Larsson guadagna in efficacia sullo schermo, risultando se possibile ancor più accentuata, il resto è un thriller visivamente carico, ma privo dello spessore e del vigore tipico della pagina scritta, e se nel primo capitolo lo stile asciutto e la progresssione degli eventi erano ben bilanciati e l’adattamento più che dignitoso, qui lo script si sbilancia verso l’evoluzione/involuzione della tormentata  protagonista lasciando storie e personaggi collaterali appena abbozzati, un vero peccato, comunque attendiamo  fiduciosi il terzo capitolo.