La mia vita a quattro zampe, recensione


Ingemar è un dodicenne che nonostante le difficoltà che la vita gli pone di fronte quotidianamente sembra affrontare tutto con un certo piglio ottimista, il ragazzo vive con il fratello maggiore e il suo cane Sikka e visto che il padre è lontano deve occuparsi quotidianamente della madre gravemente malata e sempre più difficile da gestire.

Quando la madre diventerà un problema troppo grande i due fratelli verranno separati e mandati a vivere con alcuni parenti, Ingemar sarà affidato per l’estate agli zii Gunnar e Ulla che vivono in un villaggio nel sud della Svezia.

Ingemar giunto dagli zii conoscerà molti  personaggi curiosi e una strana ragazza di nome Saga che vorrebbe essere un maschio e tira di boxe, dopo qualche tempo Ingemar avrà la possibilità di riunirsi alla sua famiglia, ma una ricaduta e la morte della madre costringerà Ingemar e il fratello ad essere ospitati da alcuni zii che vivono in città, soggiorno piuttosto breve per Ingemar che a causa del suo strano comportamento avrà dei problemi e verrà rimandato dagli zii Gunnar e Ulla.

Tornato al villaggio Ingemar ritroverà Saga, ma la scoperta che il suo cane è morto farà si che il dolore provato e mai pienamente esternato per la perdita della madre torni prepotentemente a galla permettendo finalmente al ragazzo di sfogarsi in un liberatorio pianto che l’aiuterà a crescere.

Il regista svedese Lasse Hallstrom adatta un romanzo dello scrittore Reidar Jonsson e confeziona un delicato racconto di formazione che lo porrà all’attenzione della platea internazionale.

La mia vita a quattro zampe oltre a fargli guadagnare due nomination agli Oscar per la miglior regia e sceneggiatura, fungerà da apripista alla futura carriera americana del regista che sei anni dopo debutterà ufficialmente ad Hollywood con Ancora una volta primo di numerose produzioni americane, per poi nel corso dei successivi anni girare molti successi tra questi Qualcosa di cui… sparlare, Le regole della casa del sidro e il recente Hachiko-il tuo migliore amico.

Hallstrom non si spaventa di fronte ai clichè del genere o trappoloni emotivi che cercano un facile ritorno da parte della platea, e se per altri registi questo potrebbe essere un limite, già da questa pellicola questo approccio diventa un marchio di fabbrica e permette al regista di stabilire un immediato feeling con lo spettatore.

Note di produzione: Hallstrom esordisce come regista di videoclip e nel curriculum sfoggia la quasi totalità dei video girati dal famoso gruppo svedese degli ABBA per hit storiche come Mamma mia, Fernando e Dancing Queen.