La faida, recensione del film di Joshua Marston

Nik (Tristan Halilaj) è un adolescente pieno di vita che frequenta l’ultimo anno di scuola superiore in Albania, che sta vivendo la sua prima storia d’amore con una compagna di classe e che sogna dii aprire un Internet Point dopo il diploma. Rudina (Sindi Lacej), la sorella di quindici anni, è una brillante studentessa che aspira a frequentare l’università. Dopo una disputa per un terreno il padre e lo zio di Nik vengono accusati di omicidio e la famiglia si ritrova prigioniera delle arcaiche regole di una faida che pretende sangue per sangue.

Le leggi del Kanun, un antico codice civile balcanico del quindicesimo secolo, dà alla famiglia del deceduto il diritto di uccidere Nik (o qualunque maschio adulto della famiglia) come compenso per il famigliare morto. A Nik viene così vietato di uscire di casa per un periodo di tempo che in alcuni casi è arrivato a  superare i sei anni.

Con il padre latitante, lo zio in prigione e Nik recluso entro i confini dell’abitazione, la famiglia per sopravvivere può contare solo su Rudina, che è costretta a lasciare la scuola e a sostituire il padre che per lavoro consegnava pane. Nik esausto dagli interminabili  giorni che scorrono in una clausura forzata, decide di tentare egli stesso a porre fine alla diatriba, consapevole in cuor suo che questa decisione potrebbe costargli la vita.

Il regista americano Joshua Marston dopo il pluripremiato Maria Full of Grace esplora ancora una volta un microcosmo culturale attraverso gli occhi e l’energia di un giovane, che stavolta resta imbrigliato all’interno di regole arcaiche che cozzano con un mondo in gran parte evolutosi e il suo naturale desiderio di aprirsi alla vita e al mondo che lo circonda.

Dopo l’Ecuador Marston sceglie l’Albania come scenario in cui si svolge questo dramma famigliare dai tempi dilatati, capace di catturare l’essenza di un mondo che seppur non così geograficamente lontano da noi, appare fortemente chiuso in se stesso. Marston però sceglie di non descrivere un dramma a base di vendetta, ma si concentra invece su un gruppo di personaggi, narrando l’impatto che la faida ha su di loro e sulle loro vite che finiscono sotto il controllo di altri.

La faida, come peraltro il precedente Mary Full of Grace, mette in luce la capacità di Marston di entrare in sintonia con il microcosmo che racconta, una sorta di empatia che buca lo schermo e dona al racconto un respiro ben più ampio del racconto stesso. Nessun pietismo, nessuna spettacolarizzazione del dolore, tutto è reale, potente e schietto, un cinema d’autore sorprendentemente coinvolgente, mai autoreferenziale e con una grande e ampia capacità comunicativa.

Nelle sale a partire dal 29 agosto 2012

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Note di produzione: Il film ha ricevuto un Orso d’argento per la sceneggiatura al Festival di Berlino 2011; il regista Joasua Marston, che ha diretto anche alcuni episodi della serie tv Six Feet Under, come preparazione al film ha trascorso più di un mese in viaggio nel nord dell’Albania intervistando famiglie chiuse in feudi e isolate, parlando con mediatori delle faide, insegnanti che si recavano dai loro studenti, bloccati in casa, per le lezioni, agenzie non governative che operano per porre fine alle faide, polizia e avvocati.