Indiana Jones e l’ultima crociata, recensione

Dopo un rocambolesco prologo nello Utah, dove conosceremo infanzia e origine della passione per l’archeologia di un giovane Indiana Jones versione boy-scout, ci ritroviamo ventisei anni anni dopo, all’indomani del recupero caldeggiato per decenni di un’antica reliquia, la croce di Coronado e di fronte ad una nuova missione per l’archeologo e avventuriero indiana Jones (Harrison Ford), dimostrare l’esistenza e recuperare nientemeno che il Santo Graal, mistica reliquia che la leggenda vuole avere le fattezze di un calice dal quale Gesù bevve durante l’ultima  cena.

Il professor Jones conosce sin troppo bene la mitologia legata al Graal, una leggenda per cui suo padre Henry (Sean Connery) ha speso una vita intera, una ricerca divenuta una vera ossessione per una figura paterna latitante e sin troppo severa, ma nonostante il conflitto interiore, l’incredibile reperto rinvenuto dal miliardario Walter Donovan (Julian Glover) spinge l’archeologo a lanciarsi nell’ennesima spericolata missione di recupero, che lo porterà da Venezia alla Turchia, inseguito dai nazisti e accompagnato dal padre sulle tracce di un vero e proprio mito.

Terzo capitolo per le avventure della’archeologo Indiana Jones, dopo la tappa esotica de Il tempio maledetto si torna alle atmosfera mistiche del primo capitolo miscelando reliquie leggendarie, humour e nazisti con l’aggiunta di un rapporto padre-figlio che diventa il fulcro della storia, grazie ad all’accoppiata Connery/Ford che su schermo dimostra gran sintonia.

Alla regia torna Steven Spielberg che mette su schermo uno script di George Lucas che ricopre ancora una volta il ruolo di produttore, dopo la parentesi dark della precedente avventura indiana, Indy ci ripropone il rocambolesco mix di azione, avventura e soprattutto ironia che gli sono congeniali, con l’aggiunta di un rapporto padre-figlio da recuperare, carta vincente che Spielberg proverà a riproporre anche nel recente quarto capitolo con Shia Labeouf, senza purtroppo riuscire nell’intento.

Indiana Jones e l’ultima crociata non delude, i tratti dark appena accennati del primo capitolo ed esaltati nel secondo si smussano notevolmente, anche se non mancano sequenze tetre che sono comunque uno degli ingredienti fondamentali di operazioni come questa e nonostante la serie mostri qualche fisiologico segno di stanchezza, il risultato finale è eccelso e soprattutto il divertimento è assicurato.

Note di produzione: nel prologo del film, nei panni di un giovanissimo Indiana Jones troviamo il talentuoso River Phoenix morto nel ’93 per overdose a soli ventitrè anni, il film ha vinto un Oscar per il miglior sonoro e a fronte di un budget investito di poco più di 55 milioni di dollari, ne incassò worldwide oltre 470.