Giorni e nuvole, recensione

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Elisa e Michele (Margherita Buy e Antonio Albanese) sono una coppia benestante che vive degli agi procurati dal lavoro di lui, imprenditore e socio di una ditta affermata, mentre lei laureata si occupa a tempo perso del restauro di un affresco. I giorni scivolano via tranquilli, l’amore sembra solido e tra amici, una figlia grande (Alba Rohrwacher) e il tran tran quotidiano. la vita scorre sui binari di una quoridianità rassicurante.

Purtroppo l’idillio domestico verrà incrinato inesorabilmente dall’inaspettata confessione di Michele che racconterà alla moglie non solo di essere stato estromesso dalla società dai suoi soci, tra cui un suo vecchio amico, ma di non riuscire a trovare un altro lavoro che possa permettergli di mantenere il tenore di vita avuto sino a quel momento.

La coppia dovrà così affrontare un nuovo e difficile percorso, via la lussuosa casa, la barca, i vezzi di una vita borghese per tornare alle origini, una casa modesta in un quartiere popolare, un doppio lavoro e il pensiero costante di non arrivare a fine mese, ma mentre Elisa si dimostra stoica nell’affrontare tutto ciò, Michele mostra da subito evidenti segni di cedimento.


Così quando finalmente Elisa alla fine riuscirà a trovare un occupazione stabile, il marito proseguirà nella sua incapacità di reagire che lo costringerà giocoforza ad allontanarsi dalla moglie e dalla figlia, che per puro caso nel frattempo ha scoperto le traversie economiche che stanno attraversando i genitori.

Il regista Silvio Soldini affronta con il suo cinema fortemente ancorato al quotidiano due mondi che vivono in perfetta simbiosi, quel del lavoro e quello della coppia, entrambi di questi tempi in balia di un precariato tout-court che mina inesorabilmente sicurezze costruite con fatica, rendendo il futuro colmo di incertezza.

Soldini confeziona un amaro ritratto del mondo del lavoro, a tratti surreale e con una coppia d’attori, la Buy e Albanese, che lavorano su registri emotivi intensi e molto controllati non correndo mai il rischio di sovrastarsi, il resto lo fa lo stile asciutto e poco incline al vezzo visivo di Soldini che anche in questo caso dona alla messinscena la tipica e rarefatta poetica del quotidiano che ne contraddistingue lo stile e che ritroveremo, venata d’amor fou anche nel successivo Cosa voglio di più.

Note di produzione: riconoscimenti tutti al femminile per il film, un David di Donatello ed un Nastro d’argento come miglior attrice protagonista a Margherita Buy e un David di Donatello come miglior attrice non protagonista ad Alba Rohrwacher.