Flags of Our Fathers, recensione

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La battaglia di Iwo Jima, i soldati che in controluce issano la bandiera americana simbolo di patriottismo e libertà divenuti a loro volta simbolo di un’intera nazione, in realtà erano solo ragazzi coinvolti ina sorta di propaganda mediatico/militare che col tempo li ha sovrastati diventando più grande e simbolicamente più importante delle loro stesse vite, della verità e di quel semplice gesto mimato come in un edulcorato reportage pseudo-giornalistico.

Così lo scrittore James Bradley alzerà il velo su quel momento storico impresso a fuoco nella memoria collettiva che suo padre Jon Doc Bradley, non aveva mai voluto ricordare, e di cui fuggiva ogni rievocazione.

Grazie alla sua ricerca potremo esplorare tre eventi che su altrettanti piani temporali ci permetteranno di guardare il presente con gli occhi dei protagonisti, e ripercorrere un duplice passato, quello violento, reale e sanguinoso della battaglia durata 35 giorni sull’isola vulcanica di Iwo Jima, e quello edulcorato, hollywoodiano e patinato della tournee americana di tre eroi costruiti ad arte per infiocchettare agli americani gli orrori della guerra.

Il Clint Eastwood regista omaggia lo war-movie a modo suo, scavando nella storia anche quella più insidiosa e scomoda per raccontarci la battaglia di Iwo Jima e la vera storia che si cela dietro la famosa fotografia-simbolo che molti americani portano nel cuore.

Il film in realtà è la prima parte di una storia raccontata da due diverse prospettive, questo primo capitolo punta i riflettori sugli americani e la loro guerra mediatica, l’altro Lettere da Iwo Jima, più crudo, violento e dinamico esplora il campo di battaglia e la guerra dalla parte dei giapponesi.

Flags of Our Fathers in qualche caso rischia di perdersi tra una moltitudine di frammenti di memoria collettiva ed emotiva che Eastwood ha deciso di inserire a prescindere dalla fluidità del racconto, per dare una versione il più possibile completa ed oggettiva dei fatti, appesantendo la narrazione che in alcuni casi si fa di difficile fruizione anche perchè veicolata su tre differenti piani temporali, insomma il montaggio fa davvero miracoli, ma se poi si raffronta questo film con la seconda parte più intensa, fluida e dinamica ci si rende conto che forse questo primo episodio ha risentito in parte di un surplus di informazioni.

Fatte queste doverose premesse i film di Eastwood sono un vero e proprio patrimonio e testimoniano un modo di fare cinema epico ed emozionante purtroppo in via d’estinzione e di cui, chiunque ami il buon cinema, non può e non deve fare a a meno.