Eyes Wide Shut, recensione

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Una bella coppia di benestanti newyorchesi, lei Alice (Nicole Kidman) splendida ex-gallerista e madre di un bambina di sette anni, lui Bill (Tom Cruise) fascinoso ed affermato medico, entrambi vivono negli agi e nel lusso. Tutto sembra idilliaco s non fosse per una certa inquietudine strisciante che lentamente si fa strada nella loro relazione, un sorta di microscopica, ma inarrestabile incrinatura la cui genesi  è da ricercarsi in una estemporanea confessione di Alice, riguardo un suo tradimento sfiorato e fortemente desiderato, e a detta della donna mai consumato, se non solo nelle sue fantasie.

La confessione della moglie sortirà uno strano effetto su Bill, una fisiologica gelosia molto ben mascherata, anche se l’immagine ricorrente della moglie in intimità con lo sconosciuto per il quale avrebbe sacrificato, non solo il suo matrimonio, ma anche il suo essere madre, diventerà per Bill un’ossessione.

Poi l’incontro casuale con un suo vecchio compagno di college diventato musicista, e tutta una serie di coincidenze che lo porteranno a partecipare, non invitato, ad un’orgiastica riunione dagli echi massonici, che alzerà il velo su un mondo sotterraneo ed elitario, in cui una sorta di setta utilizza sesso e depravazione come fonte di affermazione di potere e status, ma la curiosità di Bill rischierà di costargli davvero cara.

Ultimo film di Stanley Kubrick girato prima della sua scomparsa avvenuta nel 1999, e uscito postumo negli States qualche mese dopo la sua morte, il regista esplora i rapporti e le dinamiche di coppia regalandoci un’opera ipnotica, elegante, e come sempre incredibile dal punto di vista tecnico, una vera lezione di arte cinematografica.

Il film ha la forza del miglior Kubrick, criptico ma non indecifrabile, potente nell’imbrigliare le immagini e nel plasmarle, ogni sequenza, ogni movimento della macchina da presa, ogni singolo elemento della scenografia è studiato, cercato e raccontato.

Potremo soffermarci sulle molteplici chiavi di lettura a cui si presta il film, sull’universo femminile solo raccontato, scrigno colmo di tesori, ma anche di inquietanti ombre, contrapposto a quello maschile che vive di istintive pulsioni quasi animalesche e di grandi insicurezze, e nel mezzo l’amore che non emerge mai, al suo posto affetto, condivisione, sesso, ma il sentimento principe resta un’emozione tanto latitante da chiedersi se esista veramente, o sia solo è una creazione di poeti e scrittori.

Preferiamo invece  stupirci ancora una volta di come, in quasi tre ore di visione, il mago Kubrick ci abbia nuovamente attirato nella tana del Bianconiglio, ci abbia incantato con un cinema fatto di immagini e suggestioni e ci abbia mostrato quando il cinema puo davvero definirsi arte.