Evelyn, recensione

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La famiglia Doyle sta per affrontare un’altra traumatica separazione, dopo che la madre della piccola Evelyn (Sophie Vavasseur) ha abbandonato lei e i suoi due fratelli Maurice (Hugh MacDonagh) e Dermot (Niall Beagan), lasciandli alle cure del padre Desmond (Pierce Brosnan) purtroppo in gravi difficoltà economiche e senza un lavoro fisso.

Le autorità ben presto scopriranno la precarietà finanziaria in cui vivono i tre ragazzini e nonostante le rassicurazioni e le preghiere del padre, un giudice si vedrà costretto ad affidarli ad un orfanotrofio, promettendo a Desmond di riaffidarglieli una volta che la sua situazione finanziaria fosse migliorata. Cosi mentre Desmod cercherà invano un lavoro sicuro, i suoi figli subiranno abusi e disagi, sino a che il padre non deciderà di dare il via ad una battaglia legale per riaverli.

Desmond non permetterà che i suoi figli subiscano l’ennesimo abbandono e che la sua famiglia venga distrutta, così con l’aiuto di alcuni amici, la barista Bernardette Beatty (Julianna Marguilies) che gli offrirà la consulenza del fratello avvocato (Stephern Rea), Nick un amico americano anch’egli avvocato (Aidan Quinn) e il suo vecchio amico e mentore Thomas O’Connelly (Alan Bates), deciderà di impugnare la sentenza e sfidare la corte suprema irlandese.

Tratto da una storia vera che ha mobilitato e commosso un’intera nazione, Evelyn è un solido dramma che ha nel cast uno dei suoi punti forza, da un paterno Pierce Brosnan che rivela sorprendenti sfumature drammatiche a uno degli attori più sottovalutati di sempre, il bravo Aidan Quinn, senza dimenticare Stephen Rea memorabile protagonista de La moglie del soldato.

Dietro la macchina da presa l’esperienza e lo stile del regista Bruce Beresford, premio Oscar per A spasso con Daisy e regista del notevole Thriller Colpevole d’innocenza, che in questo caso si mette completamente al servizio di una coinvolgente storia e di un solido copione, donando ulteriore sobrietà alla messinscena.