Che bella giornata, recensione

Il rozzo, mammone e imbranato Checco (Checco Zalone) aspira a diventare carabiniere, ma nell’impossibilità di sfruttare il tentacolare nepotismo che ha permesso alla sua famiglia di insediarsi lavorativamente parlando praticamente ovunque, affronta l’esame finendo per l’ennesima volta per essere respinto con grande disperazione di tutto il parentado.

Per fortuna di Checco, rassegnato ormai a fare la security vita natural durante in una discoteca, ci pensa la mamma e quel sant’uomo del vescovo di Milano a permettergli di ricoprire un ruolo di una certa importanza diventando un addetto alla sicurezza prima assegnato al Vescovo, in seguito per manifesta incapacità al Duomo di Milano e in particolare alla sorveglianza della Madonnina.

Checco in quell’occasione incontra la bella Farah (Nabiha Akkari), che gli racconta di essere una studentessa di architettura in cerca di un alloggio, Checco l’aiuterà prendendosi una bella cotta, inconsapevole che Farah e suo fratello sono a Milano per mettere in atto un attentato terroristico.

Naturalmente la svagata dolcezza di Checco e l’affetto della sua numerosa famiglia conquisteranno lentamente il cuore di Farah che comincerà a nutrire dubbi sull’attentato e sulle reali motivazioni che la stanno spingendo verso quel gesto estremo.

Dopo 15 milioni di euro e un debutto sorprendente per Luca Medici alias Checco Zalone e il suo Cado dalle nubi, divertente e divertito omaggio al musicarello che fu e satira sul mondo dei no-talent show e dei reality dall’inquietante motto tutti ce la possono fare talento a prescindere, ecco il comico pugliese nato dalla fucina del televisivo Zelig bissare con Che bella giornata che se pur inferiore al suo debutto, senza dubbio meno furbo ed ammiccante di questa seconda prova che vede ancora Gennaro Nunziante alla regia, di certo non delude le aspettative.

Che bella giornata forte dell’ampio consenso del precedente film nasce e si evolve sfruttando in maniera più sfacciata i clichè da palcoscenico che hanno fatto la fortuna di Zalone, tra questi la canzone-tormentone che qui ha il suo doveroso spazio e naturalmente il politicamente scorretto che è parte integrante dello stile di Zalone, che funziona a dovere quando affronta il tema del nepotismo, un pò meno quando si accosta alla tematica del terrorismo e dello scontro tra religioni che assume un pò l’aspetto da barzelletta e la connotazione da fiera di paese che purtroppo funzionano a corrente alternata.

Di certo si ride e anche di gusto, nonostante qualche fisiologica trivialità sparsa qua e là che fa comunque parte del repertorio da caserma dell’attore, trivialità che però se paragonata agli ultimi truci cinepanettoni di De Sica diventa davvero irrisoria e oltremodo metabolizzabile, visto che inserita in un contesto più funzionale che ruffiano.

Diciamocela tutto il nazional-popolare si sta facendo strada a spallate nei film di Zalone, gli incassi ottenuti permettono e richiedono a gran voce contenuti che accontentino un pò tutti, non dimentichiamoci che più della metà della platea di Zalone e quella che ha fa incassar miliardi a De Sica e colleghi, quindi è prevedibile che già dal prossimo film si capisca l’andazzo e il futuro dei film del comico pugliese, che comunque nel bene e nel male rimane, insieme al trio Aldo, Giovanni e Giacomo, una valida alternativa al trito cinepanettone natalizio.