Perfetti sconosciuti, amore e gelosia al tempo di “Whatsapp”

Se uno dei due partner guardasse nel cellulare dell’altro, molte coppie si sfalderebbero. È questo il concetto che si cela dietro la storia di un gruppo di amici di vecchia data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in una lenta debacle

E la parola gioco è forse fondamentale, dal momento che è proprio l’utilizzo “ludico” dei nuovi “facilitatori di comunicazione” – chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, Facebook, Snapchat – a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti delegano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) ritenendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante.

I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da sempre, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, sapendo bene che di divertente in certi esperimenti non c’è nulla. E si burlano da soli nel non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.

Il regista Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l’allargarsi dei cerchi nell’acqua di questi “giochi” finisca per rivelare la “frangibilità” di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l’intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Il copione lavora bene sugli incastri e sugli snodi narrativi che rimangono fondamentalmente credibili, instilla verità nei dialoghi (che certamente verranno riecheggiati sui social e nelle conversazioni da salotto, perché questo fanno certe “conversazioni”: l’eco), descrive tipi umani riconoscibili.

Sarà interessante guardare questa commedia che attinge molto dal cinema francese e americano.